LICEO SCIENTIFICO – CLASSICO STATALE
“E. TORRICELLI”
Via S.Aloia – 80049 Somma Vesuviana (Na)
EUTANASIA
A cura di:
Raffaella Cavallaro
Mariarosaria D’Amato
Gaetano Di Palma
Giuseppe Di Somma
Rossana Giugliano
Sabrina Pignatelli
Francesco Romano
INDICE
Ø INTRODUZIONE
Ø EUTANASIA
NELLA STORIA
§
NELL’ANTICHITA’
§
MEDIOEVO
§
ETA’ MODERNA
§
NOVECENTO E NAZISMO
Ø SUICIDIO
ASSISTITO: PRO O CONTRO?
§
PRO
§
CONTRO
Ø LA
POSIZIONE DELLA CHIESA
Ø IL
DIBATTITO BIOETICO
Ø DIBATTITO
PARLAMENTARE IN ITALIA
§
LEGISLAZIONE
§
ATTIVITA’ PARLAMENTARE
Ø EUTANASIA
DAL PUNTO DI VISTA LEGISLATIVO NEI VARI STATI
Ø CASI
CONTROVERSI
§
TERRI SCHIAVO
§
PIERGIORGIO WELBY
§
ELUANA ENGLARO
Ø DICHIARAZIONI
A SFAVORE
Ø DICHIARAZIONI
A FAVORE
Ø SONDAGGI
E INCHIESTE
Ø FILM
RIGUARDANTI L’EUTANASIA
Ø CONCLUSIONE
Ø BIBLIOGRAFIA
INTRODUZIONE
«Io amo la vita,
Presidente. Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul
viso, la passeggiata notturna con un amico. Vita è anche la donna che ti
lascia, una giornata di pioggia, l'amico che ti delude. Io non sono né un
malinconico né un maniaco depresso - morire mi fa orrore, purtroppo ciò che mi
è rimasto non è più vita - è solo un testardo e insensato accanimento nel
mantenere attive delle funzioni biologiche. Il mio corpo non è più mio ... è
lì, squadernato davanti a medici, assistenti, parenti.»
(Lettera al
Presidente della Repubblica Italiana del 23 settembre 2006, Piergiorgio Welby)
D’eutanasia
si torna a parlare ciclicamente, quando giornali e Tv rilanciano gli echi di un
dibattito etico e giuridico che ogni tanto emerge prepotentemente, riproposto
dai vari casi eclatanti come Eluana Englaro, Piergiorgio Welbi, Terry Schiavo.
Eutanasia dal
greco ευθανασία, composta da eu-, bene e tanathos, morte denota un’origine molto antica benché tale
questione abbia raggiunto una notevole attualità solo in tempi relativamente
recenti di pari passo con i grandi progressi della medicina.
L’eutanasia al centro dei dibattiti moderni è molto diversa dal
concetto d’eutanasia del passato che indicava una morte relativamente serena in
generale purché in armonia con la vita vissuta dal morente o in ogni modo
almeno con gli obiettivi prefissatisi, ad esempio per un guerriero una buona
morte sarebbe potuta essere quella sul campo di battaglia o per un uomo
d’affari morire serenamente lasciando una cospicua eredità ai propri eredi e si
hanno moltissimi testi come ad esempio il codice di Hammurabi o correnti di pensiero dell’età classica come
l’epicureismo e lo stoicismo che lasciano un’immagine di
eutanasia-suicidio-omicidio come atto moralmente rispettabile ed ammirevole.
I pareri e le restrizioni circa l’eutanasia sono molteplici e variano
secondo le situazioni e contesti dai quali li si và ad estrapolare. Le
definizioni più diffuse sono:
-eutanasia
volontaria: richiesta esplicitamente e preferibilmente in molteplici
occasioni dal malato stesso;
-eutanasia
passiva: nel caso la morte sia causata in modo indiretto, ad esempio
sospendendo farmaci o staccando macchinari indispensabili alla vita del malato;
-eutanasia
attiva: nel caso la morte sia causata in modo diretto tramite ad esempio la
somministrazione di sostanze tossiche;
-suicidio
assistito: il semplice fornire i mezzi al malato che intende togliersi la
vita.
EUTANASIA NELLA STORIA
NELL’ANTICHITA’
Fin dagli albori della civiltà è esistita quella che è definita
eutanasia sociale, vale a dire la sistematica eliminazione ( con canoni diversi
secondo i vari popoli) di quegli individui che rappresentavano un peso per la
società. Si hanno testimonianze di questa pratica fin da civiltà più arcaiche
come quella post-neolitica dei cannibali batak dell’isola di Sumatra ma
sappiamo che la selezione degli individui all’interno della società ed in
particolare dei bambini in fasce si è protratta anche in civiltà relativamente
civili e molto sviluppate come ad esempio quella latina o spartana. Proprio gli
stessi lacedemoni fecero della selezione dei nascituri uno degli aspetti
caratteristici della loro città. In una città costantemente impegnata nel
ribadire la propria supremazia bellica ed il coraggio in battaglia dei propri
guerrieri, i mitici opliti, in una comunità dove l’idea di “ vero uomo” era
correlata alla perfezione fisica e alle capacità in battaglia e dove solo il
valoroso e coraggioso oplite spartano
poteva emergere dalla folla di effeminati ( tutti quei greci che all’arte
bellica preferivano le lettere o la musica), non vi era spazio per individui
deboli. Per questa ragione ogni nuovo nato veniva sottoposto al consiglio degli
anziani della città: se questo giudicava il bambino idoneo, il piccolo
diventava un cittadino spartano, se invece purtroppo era valutato inadatto
veniva affidato al padre che aveva il compito di portarlo sul monte Taigeto e
di lasciarlo lì al suo destino di morte.
In seguito sorte analoga è toccata per secoli ai
neonati romani presso la rupe Tarpea e così via
per chissà quante generazioni di bambini handicappati o spesso soltanto
diversi, con qualche caratteristica particolare o malvoluti, perché ad esempio
nati in circostanze nefaste o per miriadi ancora di motivi molte volte legati
più a superstizione che a problematiche serie ed invalidanti.
Tornando però al mondo greco si può notare come,
benché l’applicazione pratica sembrerebbe non lasciare dubbi su quello che era
a quei tempi il pensiero comune sull’eutanasia, il tema fosse già a quei tempi
causa di riflessione tanto che molte volte Platone lo affrontò nei suoi
discorsi.
Benché il filosofo non ci lasci un documento nel
quali attesti in modo esplicito e definitivo quale fosse la sua opinione
riguardo l’eliminazione degli elementi che potessero essere un peso per la
comunità in una società dove la vita era molto dura, in molteplici passi tratti
dai suoi scritti si può intendere che anche se non in modo estremista
condividesse tale pratica e lo si evince particolarmente in un opera nella
quale mette a confronto medicina e giustizia.
Egli scrive:
“Allora, insieme con
tale arte giudiziaria, codificherai tu nel nostro stato anche la medicina nella
forma da noi detta? Così, tra i tuoi cittadini, esse cureranno quelli che siano
naturalmente sani di corpo e d’anima. Quanto a quelli che non lo siano, i
medici lasceranno morire chi è fisicamente malato, i giudici faranno uccidere
chi ha l’anima naturalmente cattiva e inguaribile”
Ma in un altro suo lavoro si vede come fosse
contrario al suicidio e da ciò si può notare come già si distaccasse dal
concetto di eutanasia arcaico.
“Privandosi violentemente della sorte assegnatagli dal
destino, e che, senza che lo stato abbia ordinato per punizione la sua morte,
né che sia costretto da qualche acerba e inevitabile sciagura capitatagli, né che
sia colpito da qualche ignominia irreparabile e tale da rendere insopportabile
la vita, ma per dappocaggine e per ignavia, prodotta da debolezza di spirito,
infligge a se stesso una pena ingiusta. (…) le tombe di coloro, che si sono
distrutti in tal modo, siano, in primo luogo, a solo e non in comune con gli
altri, in secondo luogo siano essi sepolti senza onori alle estremità delle
dodici parti del paese, in luoghi incolti e senza nome; né vi siano cippi o
iscrizioni a indicare le loro tombe”
L’inadeguatezza della vecchia idea di eutanasia come morte gloriosa che
però si sarebbe protratta ancora per secoli in gran parte del mondo è
sottolineata anche da Aristotele che sui suicidi dice:
“Invece il morire per fuggire la povertà o la passione
amorosa o qualcosa di doloroso non è di un uomo coraggioso, ma piuttosto di un
vile: è infatti debolezza lo sfuggire ai travagli e chi s’uccide agisce non per
affrontare una prova decorosa, bensì per fuggire un male”
Questi grandi uomini del passato però trattarono solo marginalmente la
“ dolce morte”; il primo ad interessarsene approfonditamente fu colui che da
molti è considerato il padre della medicina Ippocrate, un medico greco antico.
Egli compose un opera sulla medicina nella quale dimostra di approcciarsi a quest’arte
in modo molto innovativo per quei tempi e senza alcun dubbio più simile a
quella che ne è la concezione attuale.
«Giuro per Apollo medico e Asclepio e Igea e
Panacea e per gli dei tutti e per tutte le dee, chiamandoli a testimoni, che eseguirò,
secondo le forze e il mio giudizio, questo giuramento e questo impegno scritto:
di stimare il mio maestro di questa arte come mio padre e di vivere insieme a
lui e di soccorrerlo se ha bisogno e che considererò i suoi figli come fratelli
e insegnerò quest'arte, se essi desiderano apprenderla; di rendere partecipi
dei precetti e degli insegnamenti orali e di ogni altra dottrina i miei figli e
i figli del mio maestro e gli allievi legati da un contratto e vincolati dal
giuramento del medico, ma nessun altro. Regolerò il tenore di vita per il bene
dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, mi asterrò dal recar danno e
offesa. Non somministrerò ad alcuno,
neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio;
similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo. Con innocenza e
purezza io custodirò la mia vita e la mia arte. Non opererò coloro che soffrono
del male della pietra ma mi rivolgerò a coloro che sono esperti di questa
attività. In qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il sollievo dei malati, e
mi asterrò da ogni offesa e danno volontario, e fra l'altro da ogni azione
corruttrice sul corpo delle donne e degli uomini, liberi e schiavi. Ciò che io
possa vedere o sentire durante il mio esercizio o anche fuori dell'esercizio
sulla vita degli uomini, tacerò ciò che non è necessario sia divulgato,
ritenendo come un segreto cose simili. E a me, dunque, che adempio un tale
giuramento e non lo calpesto, sia concesso di godere della vita e dell'arte,
onorato degli uomini tutti per sempre; mi accada il contrario se lo violo e se
spergiuro. »
MEDIOEVO
Nell’età medievale ogni singolo
aspetto della vita era regolamentato dalla dottrina cristiana ed ogni uomo,
almeno in teoria, agiva ispirati dai principi della religione. Per questo
motivo nel periodo compreso tra il V ed il XV secolo d.C. ogni forma di
soppressione volontaria della vita era considerata un gravissimo peccato in
quanto si offendeva dio privandosi del più grande dono che ci ha concesso.
Tutto questo è racchiuso nei lapidari di san Tommaso dove il
santo-filosofo sintetizza in tre motivi il perché l’eutanasia ed il suicidio
siano atti moralmente riprovevoli.
“Il suicidio è
assolutamente illecito per tre motivi. Primo, perché per natura ogni essere ama
se stesso; e ciò implica la tendenza innata a conservare se stessi e a
resistere per quanto è possibile a quanto potrebbe distruggerci. (…) Secondo,
perché la parte è essenzialmente qualche cosa del tutto; ora, ciascun uomo è
parte della società; e quindi è essenzialmente della collettività. Perciò
uccidendosi fa un torto alla società, come insegna il Filosofo. Terzo, la vita
è un dono divino, che rimane in potere di colui il quale “fa vivere e fa
morire”. Perciò chi priva se stesso della vita pecca contro Dio (…). Infatti a
Dio soltanto appartiene il giudizio di vita e di morte, secondo le parole della
Scrittura: “Sono io a far morire e a far vivere”
ETA’ MODERNA
In tutta l’età si ha un particolare disinteresse verso quelle che sono
le problematiche pratiche del malato e quindi i bisogni che portano un
individuo sofferente a desiderare la morte, ma piuttosto si affronta
l’eutanasia dal punto di vista morale chiedendosi se sia lecito o no privare un
malato dalle proprie pene tramite una soluzione tanto estrema.
L’unica testimonianza discordante da quelle dei vari pensatori del
tempo è quella di Francesco Bacone del 1605. Il filosofo inglese si preoccupa
del paziente in quanto persona e non come di
un caso etico.
Dirò inoltre,
insistendo su questo argomento, che il compito del medico non è solo quello di
ristabilire la salute, ma anche quello di calmare i dolori e le sofferenze
legate alle malattie; e questo non solo perché questo alleviamento del dolore,
considerato un sintomo pericoloso, contribuisce alla guarigione e conduce alla
convalescenza, ma inoltre per poter procurare al malato, quando non c’è più
speranza, una morte dolce e tranquilla; questa eutanasia è una parte non
trascurabile della felicità (…). Ma nel nostro tempo sembra che i medici
ritengano loro dovere abbandonare i malati al momento della fine;
contrariamente alla mia opinione, se essi fossero zelanti nell’adempiere il
proprio dovere e di conseguenza rispettassero i propri doveri nonché le
esigenze della propria professione, non risparmierebbero nessuna cura per
aiutare gli agonizzanti ad uscire da questo mondo con maggior dolcezza e
facilità. Ora, questa ricerca la qualifichiamo ricerca sull’eutanasia
esteriore, che distinguiamo da quell’altra eutanasia che si riferisce alla
preparazione dell’anima e che poniamo fra le nostre raccomandazioni
NOVECENTO E NAZISMO
Nel novecento si và man mano consolidando l’idea contemporanea di
eutanasia fatta eccezione per la parentesi nazista, nella quale il termine
viene semplicemente abusato tanto che all’apice del nazismo finì per indicare
ogni tipo di omicidio di massa.
L’eutanasia “sociale” nazista non può essere indicata paragonata
neppure alla lontana alla “dolce morte” dell’età classica o alla “sospensione
del malato dalle proprie sofferenze” contemporanea poiché innanzi tutto non
prevedeva il consenso del malato e non avevano come scopo quello di alleviare
le pene del malato ma piuttosto quello di migliorare l’”igiene razziale” o di
limitare le spese sanitarie del paese.
SUICIDIO ASSISTITO: PRO O CONTRO?
Le forma di eutanasia che attualmente è oggetto di discussione è quella
individualistica, che si divide in attiva e passiva e quest’ultima comprende
un’ulteriore variante, ovvero il suicidio assistito, ma come idea di fondo c’è
la volontà del paziente e il suo consenso all’eutanasia, per cui si parla in
termini generali di eutanasia volontaria. Sulla questione sono in corso accesi
dibattiti, pertanto l’opinione pubblica risulta divisa in coloro che sostengono
l’eutanasia e coloro che invece sono contro, escludendo chi ancora non ha
espresso opinione a riguardo.
PRO
¨
LIBERTA’ DI SCELTA
¨
SOLLIEVO ALLA SOFFERENZA
La vita di
un malato terminale non viene più considerata una vita vera e propria, poiché
spesso, è condizionata da macchine o paralisi, per cui il malato è costretto
all’immobilità, il che significa non avere più indipendenza e autonomia. Non è
concepibile quindi una vita in subordinazione di qualcosa o qualcuno, poiché
questo non è più vivere. La condizione di dipendenza in cui il paziente viene a
trovarsi provoca anche un grave danno psichico, per cui il malato non riesce ad
accettare la sua situazione. In più è da tenere in considerazione anche il
disagio fisico, visto che in molti casi la malattia provoca anche dolori
lancinanti, troppo forti per essere sopportati. La terapia
del dolore non offre un sollievo totale alla sofferenza, nonostante ci sia
l’uso di analgesici e sostanze stupefacenti, come la morfina. Un’autorità
esterna non ha il diritto di imporre la sua decisione, poiché non è a
conoscenza della condizione del malato e non prova in prima persona ciò che lo
affligge. Ogni individuo ha il libero arbitrio sulla propria vita, ha libertà
di scelta. Se un ammalato terminale esprime la volontà di porre fine alla sua
vita, è importante che la sua scelta venga rispettata.
CONTRO
¨
GIURAMENTO DI IPPOCRATE
¨
ETICA E MORALE RELIGIOSA
¨
DISTINGUERE LA PIENA CONSAPEVOLEZZA DEL MALATO
¨
DESIDERI DELLA FAMIGLIA E PRESSIONI ESTERNE
Il Giuramento di Ippocrate vieta ad ogni medico di provocare la morte ad
un qualsiasi individuo. Infatti esso recita: “Non somministrerò ad alcuno, neppure
se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio”.
La vita prima di tutto, anche prima del volere
dell’interessato stesso. Non è per niente ammissibile provocare la morte e
tantomeno suggerire ad un ammalato la soluzione dell’eutanasia. Il medico ha
una grande responsabilità e la sua unica priorità deve essere quella di
salvaguardare la vita dei pazienti e non praticare l’eutanasia pensando che il
fine giustifica i mezzi. Bisogna tenere a mente che l’eutanasia volontaria è
sempre di una forma di suicidio. Quindi l’eutanasia diviene moralmente
condannabile, anche se la moralità del
problema è ancora in discussione. Se però si sceglie di considerare l’eutanasia
come suicidio, appare evidente la posizione di molte religioni, che siccome
considerano il suicidio un atto peccaminoso, per estensione devono condannare
anche l’eutanasia volontaria. Inoltre risulta complicato definire volontaria
l’eutanasia che si va ad applicare, poiché molto spesso le malattie, ad esempio
il coma vegetativo, che colpiscono i soggetti interessati ledono in modo
permanente le funzioni cerebrali, per cui diviene impossibile decidere ed avere
una propria consapevolezza. L’eutanasia volontaria può dirsi tale solo quando è
il paziente a richiederla, come è accaduto per il caso di Piergiorgio Welby, al
contrario invece di Eluana Englaro, dove l’eutanasia è stata chiesta dalla
famiglia. Infatti molto spesso non è tanto una volontà del malato, quanto della
famiglia e delle persone che lo circondano, le quali, vedendo il loro caro in
condizioni di estrema sofferenza, decidono di porre fine al dolore loro e del
malato scegliendo la “via più comoda”. Anche il caso di Terri Schiavo può
essere ricondotto a questo aspetto, infatti a chiedere la morte della donna è
stato il marito, anche se i genitori erano contro. Infatti può anche accadere
che la famiglia si rifiuti di promuovere l’eutanasia perché ha il bisogno di
passare quanto più tempo possibile con il loro caro, nonostante la visione
costante della sofferenza e del dolore. Inoltre a volte può accadere che il
personale ospedaliero provochi una pressione psicologica sul degente, per
indurlo a scegliere l’eutanasia volontaria.
EUTANASIA
ATTIVA E PASSIVA: LE OPINIONI
Molti tendono ad uguagliare
l’eutanasia attiva all’omicidio, poiché consiste proprio nel procurare la morte
con medicinali speciali o altre metodologie. Che distinzione c’è quindi tra
procurare la morte con una pistola o con una dose di adrenalina? Anche se si
intende uccidere un individuo senza alcuna speranza di guarigione, il gesto è
comunque paragonabile ad un omicidio vero e proprio. Questa tesi vale sia sul
piano giuridico, etico e religioso. Mentre l’eutanasia attiva provoca la morte
in maniera molto esplicita, l’eutanasia passiva è invece più ambigua, come
ambigue sono le opinioni a riguardo. L’omissione di cure sembra che arrechi una
morte “naturale”, ben diversa quindi dall’eutanasia passiva. Molti sono a
favore dell’eutanasia passiva, ma altri, come ad esempio la Chiesa, sostengono
invece che sia l’eutanasia passiva e sia quella attiva operano per lo stesso
scopo, quindi entrambe condannabili senza porre ulteriori distinzioni. Infatti,
secondo questa visione, l’eutanasia passiva viene ad essere giusto un modo per
celare sotto altre forme il mettere fine alla vita del malato. Sotto inchiesta
c’è anche la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione, che secondo
alcuni può essere una forma di eutanasia passiva e, in quanto tale, lecita,
perché non consiste in un atto che provoca immediatamente la morte, ma lascia
che il corpo la accetti in modo quasi naturale. Ma secondo l’etica negare
l’alimentazione e l’idratazione è moralmente sbagliato, in quanto ogni essere
vivente ha diritto a cibo e acqua. Anche in questo caso va ribadito il
Giuramento di Ippocrate: così come non deve acconsentire all’eutanasia volontaria,
il medico non deve acconsentire neanche all’eutanasia attiva o passiva estesa
ad un livello più generale, ovvero anche quando non è espressa la volontà del
paziente (perché afflitto da malattie che impediscono le normali attività
cerebrali). In più, volendo anche ammettere l’eutanasia volontaria, perché
comunque è un’esplicita richiesta del malato, poi risulta più difficile
esprimersi in senso generale, poiché le malattie degenerative sono tante e
ognuna agisce in modo diverso, quindi non tutti i malati hanno la possibilità
di scelta. Così scegliere o meno l’eutanasia spetta alla famiglia o al tutore
legale, quindi in questa situazione c’è un individuo esterno che sceglie, per
cui diventa moralmente inaccettabile che un essere umano decida la morte per un
altro essere umano. D’altro canto l’eutanasia, per molti, può rappresentare
un’importante soluzione al dolore e la fine di pesanti sofferenze, anche per le
persone che circondano il malato. Terapie del dolore e cure palliative
attenuano le sofferenze, ma non le cancellano del tutto, non risultano quindi
validi strumenti per consentire al malato una vita normale.
LA POSIZIONE DELLA CHIESA
«Solo Dio è il Signore della vita, dal suo inizio alla sua
fine»
La vita del malato terminale oscilla tra l’eutanasia e l’accanimento
terapeutico, nello stesso modo anche l’opinione della Chiesa Cattolica, che va
ad inserirsi in una via di mezzo: non eutanasia, non accanimento terapeutico,
ma cure palliative. Come cardine e fondamento dell’opinione cattolica c’è la
sacralità della vita, poiché essa “comporta l’azione creatrice di Dio e rimane
per sempre in una relazione speciale con il Creatore […]. Solo Dio è il Signore
della vita dal suo inizio alla sua fine”. L’uomo di oggi crede di avere pieno
possesso della sua vita e il più libero arbitrio, mentre in realtà la vita è un
bene di cui nessuno può disporre, né per sé e né tantomeno per gli altri. La
verità è che il dolore fa paura e la morte sembra qualcosa di inevitabile e per
questo inaccettabile. Quindi si tende ad estremizzare la situazione, o
ricorrendo ad una soluzione drastica e netta mediante l’eutanasia, oppure ad un
estenuante ed esasperato accanimento terapeutico. Così per cancellare l’idea
della morte incombente si preferisce o accelerarne o ritardarne l’arrivo e in
entrambi i casi con mezzi di dubbia coerenza etico - religiosa. Alcuni
giustificano la scelta dell’eutanasia poiché ritengono che la sacralità della
vita viene meno con il sopraggiungere di malattie paralizzanti e con la perdita
dell’autonomia motoria e della lucidità mentale. Imperversa quindi una
mentalità secondo la quale la dignità umana è direttamente proporzionale alla
buona salute, per cui l’unica soluzione accettabile è porre fine alle
sofferenze con qualsiasi mezzo.
Secondo la Chiesa Cattolica, l’eutanasia stravolge “lo statuto etico
della scienza medica”, come ha affermò Giovanni Paolo II durante la Conferenza
Internazionale promossa dal Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute.
La malattia, l’incoscienza e la paralisi non ledono affatto la dignità umana. “L’eutanasia è una falsa soluzione al
dramma della sofferenza, una soluzione non degna dell’uomo” è quanto ha
affermato papa Benedetto XVI nell’Angelus del 1 Febbraio 2009, in occasione
della Giornata per la vita promossa dalla CEI, sul tema “La forza della vita
nella sofferenza”. Infatti da diversi anni la Chiesa vede l’eutanasia come una
soluzione individualistica e soprattutto egoistica, in quanto ha la pretesa di
gestire a suo piacimento la vita umana, quando in realtà non esiste nessun
diritto di decidere tra la vita e la morte per l’uomo. Inoltre può quindi anche
essere considerata come una fuga dalla sofferenza, quella stessa sofferenza che
può essere mezzo di espiazione e per gli altri una materializzazione del prossimo.
L’altra “via
di fuga” è l’accanimento terapeutico. Anche questo trattamento è sconsigliato
dalla Chiesa, come attesta l’enciclica “Evangelium Vitae” di Giovanni Paolo II,
secondo la quale bisogna rinunciare a cure “spropositate ai risultati che si potrebbero
sperare”. Il Pontefice stesso, durante la sua agonia, rinunciò all’accanimento
terapeutico, rifiutando di trasferirsi al Policlinico “A. Gemelli” di Roma per
sottoporsi a cure che non avrebbero arrecato alcuna guarigione.
Non c’è
un diritto di morire o un diritto di vivere a tutti i costi, ma esiste il
diritto di morire nella maniera più serena possibile, evitando inutili
sofferenze e attendendo che Dio operi il suo volere. “La vera risposta non può essere dare
la morte, per quanto dolce, ma testimoniare l’amore che aiuta ad affrontare il
dolore e l’agonia in modo umano”. La massima espressione delle parole del
pontefice sono le cure palliative. Dal latino “palliativo” significa
“protezione, mantello”, infatti le cure palliative sono trattamenti applicati a
malati terminali che si propongono di ridurre la sofferenza, grazie alla
terapia del dolore, che prevede la somministrazione di analgesici e anestetici
al fine di ridurre l’intensità del dolore provocato dalla malattia. Le cure
palliative non accelerano e tantomeno ritardano la morte, quindi lasciano che
la malattia faccia il suo corso naturale, cioè senza interventi e intromissioni
da parte dell’uomo. Oltre ad un supporto medico, è presente anche supporti di tipo psicologico e religioso, che aiutano
il malato a prepararsi alla morte con una personale consapevolezza. Proprio per
questo una normale équipe che pratica cure palliative comprende un medico, un psicologo, un infermiere, uno
psicologo, un fisioterapista ed un volontario; il tutto rende una cura
globale e multidisciplinare.
Oltre a condannare la forma individualistica dell’eutanasia, la Chiesa
si è espressa anche in merito all’eutanasia collettivistica. “Viene così indebolito il rispetto che
e' dovuto a ogni essere umano, anche in presenza di un difetto nel suo sviluppo
o di una malattia genetica che potrà manifestarsi nel corso della sua vita, e
sono penalizzati fin dal concepimento quei figli la cui vita è giudicata come
non degna di essere vissuta", è quanto ha affermato papa Benedetto XVI
parallelamente al putiferio mediatico provocato dal caso Englaro. La religione
cattolica considera tutti gli uomini tutti fratelli, in quanto figli di un
unico Dio, perciò Dio riversa il suo amore tra gli uomini in modo omogeneo,
anche verso coloro che molto spesso vengono appellati “sfortunati”. Quindi
siccome Dio ama anche il nostro fratello più debole, l’uomo non ha il diritto
di compiere una selezione naturale, scegliendo arbitrariamente coloro che
devono vivere e coloro che devono morire. La storia ci insegna a non commettere
gli stessi errori del passato, per cui nel Terzo millennio l’eutanasia
eugenetica dovrebbe essere solo un lontano ricordo della storia antica e del
nazismo.
E sempre il
caso Englaro ha acceso polemiche anche sul testamento biologico, dove la Chiesa
si è espressa grazie alle parole del
monsignore Angelo Bagnasco presidente della CEI, inizialmente mal interpretate. Molti avevano
letto nelle parole del Cardinale un’apertura della Chiesa, in realtà Bagnasco
ha solamente espresso la necessità di riempire l’attuale vuoto legislativo con
una legge che garantisca pienamente il diritto alla vita e soprattutto
all’alimentazione e idratazione artificiali. Infatti secondo quanto ha
affermato la Congregazione per la Dottrina della Fede nel 1° agosto
IL DIBATTITO BIOETICO
Il dibattito bioetico
intorno alla legittimità o illegittimità di anticipare una morte comunque
inevitabile per risparmiare al soggetto che chiede aiuto a morire sofferenze
insopportabili, si avvale del termine «eutanasia».
Che cosa si intende per eutanasia nel dibattito bioetico?
Eutanasia è l'anticipazione della morte resa possibile dall'intervento umano
per pazienti terminali in stato di sofferenza grave privi di ragionevoli
prospettive di sopravvivenza. Perché si possa parlare di eutanasia l'assistenza
all'anticipazione della morte deve avere come unica motivazione ragioni etiche,
deve configurarsi cioè esclusivamente come risposta alla richiesta esplicita
(attuale o pregressa) del soggetto in condizione di sofferenza grave e
irreversibile. Muovendo dal significato di eutanasia si è aperto un dibattito
intorno alla liceità di dare la morte come un soccorso a sofferenze acute o
devastanti. Si è parlato di dignità del morire in rapporto al fatto che queste
sofferenze devastanti rendano la morte disumana. Alla complessità etica del
tema : "dare la morte" si aggiunge un ulteriore grande difficoltà. La
difficoltà di accettare l'eutanasia, ed un eventuale leggi che la regolamenti,
confligge con uno dei cardini della tradizione dell'etica medica ippocratica
ossia: il dovere imprescindibile del medico di salvaguardare sempre e comunque
la vita del paziente. Queste principio fonda quello che è comunemente chiamato
vitalismo medico, in nome del quale evitare la morte o procrastinarla il più
possibile è stato per secoli un obbligo imprescindibile. Il nodo del dibattito
bioetico intorno all'eutanasia si stringe intorno ad almeno due tra tante
questioni fondamentali e cioè:
¨ E’ eticamente sostenibile
dare la morte?
¨ E' giusto legiferare su questo
tema, fare cioè una legge che definisca i confini della legittimità, disegni i
limiti rispettando i quali l'aver dato la morte non è da considerare omicidio?
Nella
letteratura ormai ampia intorno all'eutanasia quale tema bioetico troviamo la
distinzione tra eutanasia attiva, passiva, volontaria, involontaria. Iniziarne
con l'eutanasia attiva, la quale si risolve nel determinare o anticipare la
morte del paziente, dietro su richiesta, attraverso l'intervento medico, per
ragioni etiche. Il Comitato Nazionale di bioetica utilizzando il crudo termine
uccisione definisce l'eutanasia attiva con le parole che seguono: "
L'eutanasia attiva consiste nell'uccisione diretta e volontaria di un paziente
terminale in condizioni di grave sofferenza e su sua richiesta. Con eutanasia
passiva si indica l'anticipazione della morte del malato determinata
dall'astensione di atti medici che avrebbero potuto prolungare quella vita.
Esempio: un neonato gravemente deforme con brevi aspettative di vita che
vengono somministrati farmaci per una bronchite o polmonite sopravvenuta. Per
riflettere sulla questione dell'eutanasia nell'ambito del dibattito bioetico
dobbiamo chiarire alcuni dei sensi di questa parola. Etimologicamente significa
"morte buona" ma la morte può essere buona? Questa è una domanda che
ci chiede di riflettere. A tale proposito Epicuro e poi Lucrezio nel "De
Rerum Natura" sostenevano che la morte fosse un nulla. A loro differenza
in una fondamentale opera filosofica del 900 "La stella della redenzione"
Franz Rosenzweig sostiene che: "la morte è un qualcosa di cui tenere
conto, su cui non scivolare con ambigua non curanza". Passiamo ora dal
significato etimologico al significato che ha assunto nel corso del tempo
questa parola. Nel mondo antico, con il termine eutanasia ci si riferisce ad
una morte dolce, morte come compimento del ciclo vitale insomma un dono della
vita al mortale che può essere annoverato agli uomini felici. In tal senso il
termine compare per la prima volta nel II sec d.C., in Svetonio nella 'Vita dei
Dodici Cesari", dove qualifica la morte di Augusto come una morte buona.
Invece nel!' età moderna, i magistrati di Utopia, il famoso testo di Tommaso
Moro del 1516, suggeriscono con i sacerdoti la morte ai malati terminali, non
compare la parola eutanasia, ma si delinea il tema
di una morte gestita da autorità, socialmente auspicata. La vera svolta per il
significato della parola eutanasia si compie quando l'eutanasia è prospettata
come un problema dì etica medica e questo succede con Bacone: "Nel progresso"
del 1605 Bacone afferma che: "Compito del medico non è solo quello dì
ristabilire la salute, ma anche quello di mitigare le sofferenze causate dalla
malattia, (...) i medici, se non vogliono mancare al loro ufficio e quindi
all'umanità, dovrebbero acquisire l'abilità di aiutare i morenti a congedarsi
dal mondo in modo più dolce e quieto e praticarla con diligenza".
Sfogliando rapidamente le pagine di una storia secolare, giungiamo allo snodo
determinante nella storia dell'eutanasia, quello snodo rappresentato dal
ricorso fatto dal regime nazista per eliminare, in modo tutt'altro che dolce e
a prescindere dalla volontà delle vittime, le cosiddette vite indesiderate
ossia disabili, disadattati sociali, disoccupati rinominati «renitenti al
lavoro», etc. Oggi invece, la parola significa "morte anticipata"
rispetto alle residue risorse dell'organismo, grazie alla possibilità rese
disponibili dalla tecnica. E siccome la tecnica è in continuo avanzamento,
sempre più difficile sarà distinguere il dovere di cura dall'accanimento
terapeutico. La tecnica infatti ha creato un tempo intermedio tra la vita e la
morte, dove una vita organica si protrae o in assenza di una vita cognitiva o
in conflitto con la capacità di sopportazione del paziente, che in questo caso chiede
di essere aiutato a morire. Il tema dell’eutanasia è stato affrontato anche da
Pio XII, il quale ebbe a dire: per quanto riguarda e concerne il paziente, egli
non è padrone assoluto di se stesso, del proprio corpo, del proprio spirito.
Non può dunque disporne liberamente. Per quanto riguarda i medici,
nessuno al mondo, nessuna persona privata, nessuna umana pietà, può autorizzare
il medico alla diretta distruzione della vita.
Sul concetto della dignità della morte Paolo VI afferma: "tenendo
presente il valore di ogni persona umana, vorremmo ricordare che spetta il
medico essere sempre al servizio delta vita ed assisterla fino alla fine, senza
mai accettare l'eutanasia, né rinunciare a quel dovere umano di aiutarla a
compiere con dignità il suo corso terreno". Lo stesso Paolo VI si
pronuncia contro l'accanimento terapeutico affermando che il dovere del medico
consiste nell'adoperarsi a calmare la sofferenza invece di prolungare più a
lungo possibile con qualunque mezzo e a qualunque condizione una vita che va
naturalmente verso la sua conclusione. Contro l'eutanasia si sono espresse
anche Organizzazioni sanitarie internazionali e perfino l'Assemblea del
consiglio d'Europa sui diritti dei malati e dei morenti. Precisamente
l'articolo 7 esclude l'eutanasia attiva con queste parole: "il medico deve
sforzarsi di placare la sofferenza e non ha il diritto, anche nei casi che
sembrano più disperati di affrettare intenzionalmente il processo naturale
della morte. Analoga posizione è espressa dal Codice italiano di Deontologia
medica, che all'articolo 40 recita: " In nessun caso, anche se richiesto
dal paziente o dai suoi familiari, il medico deve attivare mezzi tesi ad
abbreviare la vita di un ammalato. Tuttavia, nel caso di malattia a prognosi infausta,
il medico può limitare la propria opera all'assistenza morale ed alla
prescrizione ed esecuzione della terapia atta a risparmiare al malato
inutili sofferenze. Dal punto di vista legislativo, in Italia l'eutanasia,
specie quella attiva è considerata alla stregua di un omicidio volontario con
attenuanti. L'articolo 579 del
codice penale afferma: "chiunque causi la morte di un uomo
con il consenso di lui, è punito con reclusione di 6 ai 5 anni. Negli U.S.A. la
Corte costituzionale Federale ha sancito il diritto di ciascun Stato a poter
legiferare in proposito; soltanto lo Stato Oragon ha legiferato per la
legalità.
DIBATTITO
PARLAMENTARE IN ITALIA
LEGISLAZIONE
Dal punto di
vista legislativo in Italia l’eutanasia è considerata alla stregua di un
omicidio volontario anche se con le attenuanti. L’articolo 579 del codice
penale afferma: “ chiunque causi la morte di un uomo con il consenso di lui, è
punito con la reclusione da
ATTVITA’
PARLAMENTARE
Già nel 1984 il deputato socialista
Loris Fortuna presentò un progetto di legge al fine di disciplinare
l'interruzione delle terapie ai malati terminali. In seguito, sulla spinta
dell'opinione pubblica e dei fatti di cronaca, 16 deputati dell'Ulivo presentarono
nel 1999 un progetto di legge avente come titolo Disposizioni in materia di
consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti
sanitari. Con analogo titolo fu presentata, nel giugno 2000, una bozza di
legge a cura dei senatori Verdi Manconi, Carella e Pettinato. Una proposta di
legge di iniziativa popolare fu presentata dai Radicali nell'agosto 2001, il
cui titolo era esplicitamente Legalizzazione dell'eutanasia.
Successivamente sono state promosse varie iniziative legislative: tra le più
rilevanti vi sono il progetto di legge d'iniziativa popolare a cura
dell'associazione Libera Uscita, tendente a ottenere la depenalizzazione
dell'eutanasia e l'introduzione del testamento biologico, ed un documento
sull'interruzione delle cure promosso dalla Rosa nel Pugno. Il 19 dicembre 2006
è stato inoltre presentato dal senatore Villone il disegno di legge dal titolo
"Disciplina del rifiuto di trattamento sanitario in attuazione
dell'articolo 32 della Costituzione”. Nel 2009 il Senato ha approvato il ddl
Calabrò (Pdl) sul biotestamento con 150 voti a favore (123 contrari e 3
astenuti). L’opposizione ha mostrato il più totale dissenso e l’Italia dei
valori reclama un referendum abrogativo.
EUTANASIA
DAL PUNTO DI VISTA LEGISLATIVO NEI VARI STATI
USA
Tutti gli stati dispongono di una
legislazione che autorizza il “testamento biologico”, uniche eccezioni il
Massachusetts, il Michigan e New York, che riconoscono comunque il diritto di
nominare un mandatario. In materia di eutanasia vera e propria, nel 1997 la
Corte Suprema ha deciso all’unanimità che il diritto all’eutanasia e al
suicidio assistito non può essere affermato a livello costituzionale come é
invece avvenuto per l’aborto. Questa decisione non preclude però che i singoli
Stati posssano legiferare in materia. Per ora solo l’Oregon ha una legge pro
eutanasia: a seguito di un referendum svoltosi nel 1994, é stato approvato il “Death with dignity Act”, che consente il
suicidio assistito a malati terminali con meno di 6 mesi di speranza di vita.
Per una serie di ricorsi, il primo malato ha potuto usufruire della legge solo
nel 1998.
OLANDA
L’ Olanda, fu
il primo paese al mondo che legalizzò l’eutanasia nel 2000; poi dal 1 aprile
2002 entrò in vigore la legge sull’ eutanasia che questa può essere praticata a
condizione che sia ripetutamente chiesta personalmente dal paziente al proprio
medico. La richiesta include la compilazione da parte del medico, di un
questionario di 50 domande. Inoltre l’eutanasia può essere praticata solo se il
paziente è affetto da una patologia per la quale non c’è una cura praticabile,
quindi solo se si tratta di malati terminali. È anche necessario il parere di
un altro medico e la procedura deve essere comunicata alla autorità competenti.
Solo nel 2000
vi furono altri 2210 casi di eutanasia e dal 2004 l’eutanasia ha trovato
applicazione per bambini di età inferiore ai 12 anni, però è necessaria
l’autorizzazione dei genitori.
AUSTRIA
in Austria
nel 1997 è stata abrogata una legge permissiva sull’ eutanasia.
SVIZZERA
In Svizzera è
previsto e tollerato il suicidio assistito. Viene praticato al di fuori dell’
istituzione medica da un’associazione privata chiamata EXIT. Il medico deve
limitarsi a fornire i farmaci al malato. In Portogallo, sono condannate tutte
le tecniche di eutanasia, ma il consiglio Etico ha ammesso l’arresto dei
trattamenti terapeutici solo in alcuni casi considerati “ disperati”.
BELGIO
In Belgio,
dal 16 maggio 2002 è in vigore una legge che disciplina l’eutanasia a
condizione che la domanda dell’interessato sia conseguente ad uno stato di “
costante ed insopportabile sofferenza fisica e psichica”.
PAESI SCANDINAVI
Nei Paesi
Scandinavi abbiamo un panorama abbastanza omogeneo: in Svezia il suicidio
assistito è tollerato, mentre l’eutanasia attiva è perseguita penalmente; in
Finlandia l’eutanasia passiva è legalizzata ; in Norvegia è necessaria la
richiesta dell’ interessato di un suo prossimo congiunto, se il paziente è in
uno stato di incoscienza, per poter procedere all’ eutanasia passiva ; in Danimarca
le cosiddette “direttive anticipate” hanno valore legale. I parenti del malato
possono autorizzare l’interruzione delle cure.
GERMANIA
In Germania
il suicidio assistito non è ritenuto un reato, purché il malato sia capace di
intendere e di volere e ne faccia esplicita richiesta; l’eutanasia attiva,
invece, è proibita.
In Francia,
la recente legge dell’ aprile 2005 relativa ai malati terminali riconosce loro
la possibilità di richiedere una “degna morte”: viene confermato il primato delle
cure palliative e, regolando l’eutanasia passiva, si ribadisce il divieto di
quella attiva.
REGNO UNITO
Nel Regno
Unito, l’aiuto di suicidio è perseguito a norma dei Suicide Act del 1961, anche
sul piano giurisprudenziale e giurisdizionale vi sono aperture consistenti all’
eutanasia passiva. L’eutanasia assomigliava all’omicidio e passibile di pene
fino a 14 anni di carcere.
È attualmente
in discussione alla Camera dei Comuni l’ Assisted Dying for the terminally in
bill (legge sulla morte assistita per i malati terminali, che permetterebbe una
forma di suicidio assistito simile a quella prevista dallo statunitense Oregon
Death with dignity del 1997.
GRECIA
In Grecia,
l’eutanasia è legalizzata e la si può applicare senza eccessive limitazioni
tanto soggettive, quanto oggettive. In Ungheria è ammesso solo l’eutanasia
passiva solo su richiesta del paziente.
CANADA
In Canada
l’eutanasia è vietata, ma in alcune province come Manitoba e Ontario vi è una
sorta di tolleranza verso le forme passive. In Colombia non esiste una legge
specifica sull‘eutanasia, ma è consentita grazie ad un pronunciamento della
corte costituzionale.
CINA
In Cina una
legge del 1998 autorizza gli ospedali a praticare l’eutanasia ai malati
terminali.
AUSTRALIA
In alcuni
stati dell’ Australia le “ direttive anticipate” hanno valore legale. Nel 1996
nei territori del nord fu legalizzata l’eutanasia attiva volontaria, ma nel
1998 il parlamento federale annullò tale provvedimento.
CASI
CONTROVERSI
Altro caso
mediatico riguardante il tema dell’eutanasia è quello dell’americana Terri
Schiavo, morta il 31 marzo 2005 all’età di 41 anni. A soli 26 anni fu colpita da un collasso, dovuto ad uno
squilibrio del potassio, provocando un arresto cardiaco. Di conseguenza il
cervello riportò ingenti danni, per cui fu ridotta allo stato di coma
vegetativo. Nel 1998 il marito Michael,
dopo varie vicissitudini riguardanti una causa contro la malasanità, chiese la
rimozione del tubo dell’alimentazione artificiale e nel 2000 il giudice Greer
accoglie la richiesta, ma la famiglia della donna andò in Corte d’Appello,
grazie all’ausilio di sette medici, che dimostrarono una possibile ripresa di
Terri Schiavo. Nel 2003 il Secondo Distretto della Corte d’Appello acconsentì
alla rimozione del tubo dell’alimentazione, per cui esso venne staccato, ma
giusto in extremis il parlamento riuscì a varare una legge che provocò il
riattaccamento del tubo. Intanto la Chiesa con Giovanni Paolo II si mostrò
fermamente contraria all’interruzione dell’alimentazione, in quanto
alimentazione e idratazione sono diritti di qualsiasi essere umano. Nel 2005 il
tubo venne definitivamente rimosso, su pressante richiesta del marito Michael e
vani furono i tentativi dei genitori di impedire la morte della loro figlia.
A Roma, il 20
dicembre 2006, l’anestesista Mario Riccio staccò definitivamente il respiratore
che teneva in vita Piergiorgio Welby, al cospetto dei suoi familiari e di
alcuni esponenti politici.
Piergiorgio
Welby fu affetto all’età di sedici anni da distrofia muscolare, malattia che
provoca un’atrofia progressiva dei muscoli scheletrici. Per attenuare le
sofferenze fece uso di sostanze stupefacenti negli anni ’60 e ’70 e in più si
dedicò all’arte e alla poesia. Negli anni ’80 ebbe bisogno di una
disintossicazione per le droghe che aveva assunto e sempre in questo periodo
incontrò Mina, sua moglie. Nel luglio 1997 Welby subì una violenta crisi
respiratoria, che implicò un intervento di tracheotomia e l’attacco di un
respiratore meccanico. Prese parte attiva nella campagna a favore
dell’eutanasia, tanto che fu nominato dai radicali co-presidente
dell’Associazione Luca Coscioni, movimento che si prefigge di “promuovere la
libertà di cura e di ricerca scientifica, l'assistenza personale autogestita e
affermare i diritti umani, civili e politici delle persone malate e disabili”.
Inviò una lettera al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, affinché
si riconoscesse il diritto all’eutanasia e inviò un’altra lettera al Tg3, nella
quale sosteneva una certa analogia tra la sua condizione e la prigionia di Aldo
Moro. Intanto scoppiò un grande caso mediatico che spaccò letteralmente
l’opinione pubblica. Alcuni sostenevano che mantenere in vita Welby era esempio
di rifiuto dell’accanimento terapeutico, altri sostenevano invece che era vera
e propria eutanasia, mentre la Chiesa ha sempre chiesto un migliore
accertamento del caso e si è sempre ritenuta contraria all’eutanasia, infatti
vietò lo svolgimento dei funerali secondo il rito cattolico. Questa decisione
fu assunta in primis dal cardinale Camillo Ruini, giudicando incoerente con le
normali linee della Chiesa Cattolica il consenso ai funerali religiosi. I
funerali si svolsero il 24 dicembre 2006 in piazza Don Bosco, nel quartiere
Tuscolano di Roma, proprio davanti alla Chiesa che era stata scelta dalla
famiglia come luogo di svolgimento della funzione.
Il 9 febbraio
2009 si è spenta a Udine Eluana Englaro, dopo uno stato di coma vegetativo di
diciassette anni, provocato da un incidente stradale avvenuto il 18 gennaio 1992
mentre la ragazza ritornava da una festa a Pescate (vicino Lecco). L’incidente
provocò uno stato di coma vegetativo permanente, differente dal coma profondo,
poiché la paziente respirava autonomamente, pur senza coscienza, a causa della
corteccia cerebrale necrotizzata. Lo stato clinico di Eluana non lasciava più
speranze di ripresa, per cui il padre Beppino Englaro, che dal 1997 divenne
tutore a tutti gli effetti della figlia, iniziò la sua lotta per mettere fine
alle sofferenze della ragazza, per cui richiedeva l’interruzione
dell’alimentazione, che avveniva grazie ad un sondino naso-gastrico. Da questo
momento seguirono i vari ricorsi alla magistratura, ma risultano tutti vani,
per cui Beppino Englaro si rivolse al presidente Ciampi nel 2000. Tra il 2003
ed il 2006 Beppino vide respinta per ben due volte dalla Corte d’Appello la
richiesta di eutanasia per la figlia ma la Cassazione lasciò uno spiraglio di
speranza motivando che la domanda della famiglia Englaro non poteva essere
accolta in quanto non vi erano le “ specifiche risultanti” circa le reali
volontà dalla ragazza. Il 16 Ottobre 2007 la Cassazione rinviò per l’ennesima
volta alla Corte d’Appello milanese la decisione sostenendo che per autorizzare
l’eutanasia dovevano esserci due prerequisiti essenziali: coma vegetativo
irreversibile e la volontà espressa dal malato di non voler essere sottoposto
ad accanimento terapeutico. Le vicende seguenti hanno portato al gennaio 2009,
all'attuazione della sentenza che autorizzava la sospensione dell'alimentazione-idratazione
artificiale. Per cui la donna è stata trasportata alla clinica “La Quiete” di
Udine, dove è stata eseguita l’interruzione dell’alimentazione e idratazione,
mentre nel contempo il parlamento si stava impegnando a promulgare un DDL che ne
impedisse la sua attuazione. Il padre, Beppino Englaro, ha acconsentito alla
pubblicazione di un libro, “Eluana: la libertà è la vita”, in cui racconta le
sue peripezie giudiziarie e la sua lotta a favore dell’eutanasia.
DICHIARAZIONI A SFAVORE
Rosy Bindi ex ministro della Sanità
"Sull'eutanasia Veronesi auspica una soluzione civile, ma non mi pare che
si possa avviare un confronto serio e costruttivo se si parte dalla premessa
che si tratta di morti viventi. In questa espressione c'è un giudizio che nega
dignità a queste esistenze".
Ersilio Tonini cardinale "La Chiesa sarà sempre contraria
all'eutanasia. Una legge che desse la possibilità di far morire una persona
sarebbe un fatto gravissimo: lo Stato non può essere padrone della vita e
tantomeno della morte di nessuno".
Elio Guzzanti medico e
politico "Chi è in
stato permanente vegetativo non è morto. Fino a quando nuovi studi non
dimostreranno l'impossibilità di recuperare chi è in coma anche da lungo tempo,
non sarà possibile giustificare la scelta di far morire queste persone".
Giulio Andreotti politico "Non c'è mai certezza della non
guaribilità e ci sono casi di cronaca, anche se rari, a dimostrarlo. E
soprattutto attenzione ad aprire le maglie della cultura della difesa della
vita perché rischiamo di precipitare verso una società molto crudele che
elimina chi non serve più, chi non è più attivo".
Elio Sgreccia vicepresidente della pontificia
Accademia per la vita "Ci sono stati casi clamorosi di risvegli dopo anni di
coma. Ma anche nel caso di speranze ridotte al lumicino o considerate nulle,
non deve essere consentito all'uomo di porre fine a una vita. Lo stesso
discorso, allora, dovrebbe essere applicato alle persone colpite da patologie
gravi, che hanno un'aspettativa di vita limitata e nessuna speranza di
guarigione. Bisognerebbe forse smettere di dar loro da mangiare?".
Padre Bartolomeo Sorge gesuita e
teologo "La materia
non si può regolamentare. Si deve rilanciare la cultura della vita".
DICHIARAZIONI
A FAVORE
Umberto Veronesi oncologo “La mia legge non riguarda
il tema dello stato vegetativo permanente nella sua globalità, ma solo il
diritto di ogni cittadino di rifiutare questo modo innaturale di terminare la
propria vita. Oggi la decisione di come e quando prolungare l'assistenza è
completamente nelle mani dei medici, mentre invece è diritto inalienabile di
ogni cittadino decidere se iniziare o quando lasciare il trattamento di
sostegno. [...] In passato c'era la paura di morire anzitempo. Oggi c'è quella
di sopravvivere oltre il limite naturale della vita, in una condizione
artificiale, priva di coscienza e di vita di relazione”.
Margherita Hack astrofisica “È vergognoso che gente
che si dichiara cristiana si accanisca in modo fondamentalista contro una
persona che è morta da 17 anni (Eluana Englaro), che non ha
nessun modo di difendersi e che quando era in vita aveva sempre dichiarato di
non voler essere sottoposta all'accanimento terapeutico. Peggio ancora, però, è
che siano i politici a intromettersi: chi vuol agire contro la sentenza della
Corte di Cassazione, ma anche la passività della sinistra e del Partito
democratico, che ha avuto una reazione estremamente debole contro l'ingerenza
della Chiesa”.
Indro
Montanelli giornalista “Nessuno contesta il diritto di ognuno a disporre della
propria vita, non vedo perché gli si debba contestare il diritto a scegliere la
propria morte".
Rita Levi Montalcini scienziata, premio Nobel “Pur dichiarandomi
laica o meglio agnostica e libera pensatrice, mi ritengo tuttavia profondamente
'credente', se per religione si intende credere nel bene e nel comportamento
etico: non perseguendo questi principi, la vita non merita di essere vissuta.
Il fattore più importante dell'esistenza umana, diceva Einstein, è la creazione
di un fine. L'uso delle capacità intellettuali, basate su principi morali, da'
contenuto e significato alla vita”.
SONDAGGI
E INCHIESTE
Sondaggio Eurispes: italiani
favorevoli all'eutanasia e al testamento biologico
Da un sondaggio dell'aprile 2006,
pubblicato anche su Torino medica, l'organo ufficiale dell'Ordine provinciale
dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Torino, e avente
come target infermieri (in maggioranza tra i 30 e i 40 anni, impiegati
in reparti di terapia intensiva, lungo-degenza e chirurgia), è emerso che:
I risultati del sondaggio torinese
confermano quelli emersi da un'indagine del Centro di Bioetica dell'Università
cattolica di Milano, e di altri sondaggi:
Al riguardo, bisogna dire che vi sono
differenze di posizione anche in seno ai favorevoli all'eutanasia: vi è infatti
chi ne propone la legalizzazione, altri che invece parlano di depenalizzazione.
Cinzia Caporale, del Comitato Nazionale di Bioetica e fautrice della
depenalizzazione, commentando i risultati dei sondaggi, lamentò il fatto che i
medici considerino più importante la legalizzazione - con conseguente
regolamentazione - dell'eutanasia piuttosto che la sua depenalizzazione, a
motivo del fatto che la legalizzazione darebbe loro una protezione legale,
lasciandoli invece esposti in caso di semplice depenalizzazione, laddove essi
avrebbero potere discrezionale. In definitiva, secondo Cinzia Caporale, la
legalizzazione sarebbe più un paravento per i medici che un aiuto per i malati.
Questa riflessione sul caso specifico si spiega meglio chiarendo la posizione
più ampia della Caporale in merito alla dicotomia diritto-morale. Da un
sondaggio promosso dal quotidiano la Repubblica e condotto dalla rivista
MicroMega emerse che 64% degli intervistati si dichiarò favorevole
all'interruzione delle cure mediche per Piergiorgio Welby, come da lui
richiesto, contro il 20% contrari. Anche il 50% dei cattolici praticanti
risultò favorevole all'eutanasia in netta controtendenza rispetto a quanto
ordinato dai massimi esponenti della loro religione.
FILM
RIGUARDANTI L’EUTANASIA
MILLION DOLLAR BABY
(USA
2004, di Clint Eastwood).
Frankie Dunn è un allenatore di boxe
indurito dal tempo, proprietario di una non altolocata palestra dove passa il
tempo a polemizzare con l'amico e aiutante Scrap. Rimpiange i rapporti
interrotti anni prima con la figlia, e l'occasione di redenzione arriva quando
Maggie Fitzgerald si presenta in palestra chiedendogli di allenarla. Lei ha più
di trent'anni ma ha una voglia incredibile di boxare per rifarsi di una vita
che non le ha regalato nulla, lui rifiuta categoricamente, ma poi cede di
fronte alla sua determinazione. Maggie comincia a sostenere e vincere un
incontro dopo l'altro.Nel match che vale il titolo, la scorretta avversaria la
colpisce a round finito, lei finisce sulla sedia nell'angolo e si procura una
lesione alla spina dorsale. Rimane paralizzata, con Frankie ad accudirla,
finchè chiede al suo allenatore un ultimo cruciale favore: toglierle la vita
per non farla più soffrire. Frankie, dapprima riluttante, si decide a farlo e
poi scompare, non rimettendo più piede nella sua palestra.
Le
invasioni barbariche
(Les invasions barbares, Canada 2003, di Denys Arcand).
Tocca il tema dell'eutanasia per affermare la perdita di punti di riferimento,
anche morali, dopo l'11 settembre.
Mare
dentro (Mar
adentro, Spagna 2004, di Alejandro Amenábar). Affronta il tema
dell'eutanasia prendendo spunto da una storia vera.
I
figli degli uomini (Children of Men, Gran Bretagna-USA
2006, di Alfonso Cuarón). In un futuro in cui la società è al collasso, lo
stato fornisce gratuitamente Quietus, il kit per l'eutanasia fai da te.
CONCLUSIONE
Scegliamo di
concludere con queste parole:
Vivere la malattia
come un'opportunità, fare della sofferenza una fortissima esperienza, tutto ciò
mi permette di affrontare la vita in un modo diverso. Prima di essere malato non
avevo contatto con me stesso. Credevo di non avere bisogno di nulla ma invece
ero insoddisfatto perché pur avendo tutto ero sempre alla ricerca di qualcosa
che non possedevo. Ora invece conosco i miei limiti. Non sento di dover
dimostrare niente a nessuno ma posso accettare la mia dipendenza dagli altri.
Mi sono riconciliato con me stesso. Ne ho ben tre di fortune: come medico, come
malato e come uomo.
Queste parole
sono di Mario Melazzini, medico affetto da sclerosi laterale amiotrofica,
nonché presidente dell’AISLA. Ci sono reazioni diverse nei confronti della
malattia: rifiuto totale, ma anche accettazione. In questo caso la malattia
diventa un momento di crescita interiore e spirituale, che fa apparire la vita
di un malato secondo un’altra prospettiva. E’ del tutto impressionante
l’immensa voglia di vivere di una persona consapevole della degenerazione della
sua malattia, consapevole del fatto che le sofferenze diventeranno sempre più
dure. E’ impressionante come si può trovare un motivo di arricchimento
interiore in una situazione così negativa. Pertanto l’unico diritto, per cui
vale davvero la pena battersi, è quello alla vita.
BIBLIOGRAFIA
¨
Umberto
Veronesi, Il diritto di morire. La libertà del laico di fronte alla
sofferenza, Milano, Mondadori 2005
¨
Lino
Ciccone, Eutanasia. Problema cattolico o problema di tutti?, Roma, Città
Nuova Editrice 1991
¨
Giovanna
Pasqualin Traversa (2005). Cure palliative: accompagnare la vita verso il
tramonto. Voce di Padre Pio, XXXVI:
1, pp 62-65.
¨
Gian
Domenico Borasio (2009). Quel rispetto del medico per il paziente. la
Repubblica, XXXIV: 37
¨
Zita
Dazzi (2009). E Tettamanzi chiede il silenzio “Su di lei accanimento
mediatico”. la Repubblica, XXXIV: 37
¨
Giovanni
Paolo II. Evangelium Vitae (Il Vangelo della Vita). Lettera enciclica. 25 Marzo
1995. XVII anno di pontificato
¨
Associazione
ANTEA. “Cure palliative”. http://www.anteahospice.org/public/default.asp?id=6&mnu=6
¨
http://www.portaledibioetica.it/temi.html
¨
http://www.settemuse.it/costume/costume_eutanasia.htm