LICEO SCIENTIFICO – CLASSICO STATALE

“E. TORRICELLI”

Via S.Aloia – 80049 Somma Vesuviana (Na)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

EUTANASIA

 

 

 

 

 

 

A cura di:

 

Raffaella Cavallaro

Mariarosaria D’Amato

Gaetano Di Palma

Giuseppe Di Somma

Rossana Giugliano

Sabrina Pignatelli

Francesco Romano

INDICE

 

Ø     INTRODUZIONE

Ø     EUTANASIA NELLA STORIA

§        NELL’ANTICHITA’

§        MEDIOEVO

§        ETA’ MODERNA

§        NOVECENTO E NAZISMO

Ø     SUICIDIO ASSISTITO: PRO O CONTRO?

§        PRO

§        CONTRO

Ø     LA POSIZIONE DELLA CHIESA

Ø     IL DIBATTITO BIOETICO

Ø     DIBATTITO PARLAMENTARE IN ITALIA

§        LEGISLAZIONE

§        ATTIVITA’ PARLAMENTARE

Ø     EUTANASIA DAL PUNTO DI VISTA LEGISLATIVO NEI VARI STATI

Ø     CASI CONTROVERSI

§        TERRI SCHIAVO

§        PIERGIORGIO WELBY

§        ELUANA ENGLARO

Ø     DICHIARAZIONI A SFAVORE

Ø     DICHIARAZIONI A FAVORE

Ø     SONDAGGI E INCHIESTE

Ø     FILM RIGUARDANTI L’EUTANASIA

Ø     CONCLUSIONE

Ø     BIBLIOGRAFIA

 

 

 

INTRODUZIONE

 

 

 

 

«Io amo la vita, Presidente. Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico. Vita è anche la donna che ti lascia, una giornata di pioggia, l'amico che ti delude. Io non sono né un malinconico né un maniaco depresso - morire mi fa orrore, purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita - è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche. Il mio corpo non è più mio ... è lì, squadernato davanti a medici, assistenti, parenti.»

            (Lettera al Presidente della Repubblica Italiana del 23 settembre 2006, Piergiorgio Welby)

 

 

 

D’eutanasia si torna a parlare ciclicamente, quando giornali e Tv rilanciano gli echi di un dibattito etico e giuridico che ogni tanto emerge prepotentemente, riproposto dai vari casi eclatanti come Eluana Englaro, Piergiorgio Welbi, Terry Schiavo.

Eutanasia dal greco ευθανασία, composta da eu-, bene e tanathos, morte denota un’origine molto antica benché tale questione abbia raggiunto una notevole attualità solo in tempi relativamente recenti di pari passo con i grandi progressi della medicina.

 

L’eutanasia al centro dei dibattiti moderni è molto diversa dal concetto d’eutanasia del passato che indicava una morte relativamente serena in generale purché in armonia con la vita vissuta dal morente o in ogni modo almeno con gli obiettivi prefissatisi, ad esempio per un guerriero una buona morte sarebbe potuta essere quella sul campo di battaglia o per un uomo d’affari morire serenamente lasciando una cospicua eredità ai propri eredi e si hanno moltissimi testi come ad esempio il codice di Hammurabi  o correnti di pensiero dell’età classica come l’epicureismo e lo stoicismo che lasciano un’immagine di eutanasia-suicidio-omicidio come atto moralmente rispettabile ed ammirevole.

I pareri e le restrizioni circa l’eutanasia sono molteplici e variano secondo le situazioni e contesti dai quali li si và ad estrapolare. Le definizioni più diffuse sono:

-eutanasia volontaria: richiesta esplicitamente e preferibilmente in molteplici occasioni dal malato stesso;

-eutanasia passiva: nel caso la morte sia causata in modo indiretto, ad esempio sospendendo farmaci o staccando macchinari indispensabili alla vita del malato;

-eutanasia attiva: nel caso la morte sia causata in modo diretto tramite ad esempio la somministrazione di sostanze tossiche;

-suicidio assistito: il semplice fornire i mezzi al malato che intende togliersi la vita.

EUTANASIA NELLA STORIA

 

 

 

NELL’ANTICHITA’

 

 

Fin dagli albori della civiltà è esistita quella che è definita eutanasia sociale, vale a dire la sistematica eliminazione ( con canoni diversi secondo i vari popoli) di quegli individui che rappresentavano un peso per la società. Si hanno testimonianze di questa pratica fin da civiltà più arcaiche come quella post-neolitica dei cannibali batak dell’isola di Sumatra ma sappiamo che la selezione degli individui all’interno della società ed in particolare dei bambini in fasce si è protratta anche in civiltà relativamente civili e molto sviluppate come ad esempio quella latina o spartana. Proprio gli stessi lacedemoni fecero della selezione dei nascituri uno degli aspetti caratteristici della loro città. In una città costantemente impegnata nel ribadire la propria supremazia bellica ed il coraggio in battaglia dei propri guerrieri, i mitici opliti, in una comunità dove l’idea di “ vero uomo” era correlata alla perfezione fisica e alle capacità in battaglia e dove solo il valoroso e coraggioso oplite  spartano poteva emergere dalla folla di effeminati ( tutti quei greci che all’arte bellica preferivano le lettere o la musica), non vi era spazio per individui deboli. Per questa ragione ogni nuovo nato veniva sottoposto al consiglio degli anziani della città: se questo giudicava il bambino idoneo, il piccolo diventava un cittadino spartano, se invece purtroppo era valutato inadatto veniva affidato al padre che aveva il compito di portarlo sul monte Taigeto e di lasciarlo lì al suo destino di morte.

In seguito sorte analoga è toccata per secoli ai neonati romani presso la rupe Tarpea e così via per chissà quante generazioni di bambini handicappati o spesso soltanto diversi, con qualche caratteristica particolare o malvoluti, perché ad esempio nati in circostanze nefaste o per miriadi ancora di motivi molte volte legati più a superstizione che a problematiche serie ed invalidanti.

 

Tornando però al mondo greco si può notare come, benché l’applicazione pratica sembrerebbe non lasciare dubbi su quello che era a quei tempi il pensiero comune sull’eutanasia, il tema fosse già a quei tempi causa di riflessione tanto che molte volte Platone lo affrontò nei suoi discorsi.

Benché il filosofo non ci lasci un documento nel quali attesti in modo esplicito e definitivo quale fosse la sua opinione riguardo l’eliminazione degli elementi che potessero essere un peso per la comunità in una società dove la vita era molto dura, in molteplici passi tratti dai suoi scritti si può intendere che anche se non in modo estremista condividesse tale pratica e lo si evince particolarmente in un opera nella quale mette a confronto medicina e giustizia.

Egli scrive:

 

Allora, insieme con tale arte giudiziaria, codificherai tu nel nostro stato anche la medicina nella forma da noi detta? Così, tra i tuoi cittadini, esse cureranno quelli che siano naturalmente sani di corpo e d’anima. Quanto a quelli che non lo siano, i medici lasceranno morire chi è fisicamente malato, i giudici faranno uccidere chi ha l’anima naturalmente cattiva e inguaribile

 

Ma in un altro suo lavoro si vede come fosse contrario al suicidio e da ciò si può notare come già si distaccasse dal concetto di eutanasia arcaico.

 

“Privandosi violentemente della sorte assegnatagli dal destino, e che, senza che lo stato abbia ordinato per punizione la sua morte, né che sia costretto da qualche acerba e inevitabile sciagura capitatagli, né che sia colpito da qualche ignominia irreparabile e tale da rendere insopportabile la vita, ma per dappocaggine e per ignavia, prodotta da debolezza di spirito, infligge a se stesso una pena ingiusta. (…) le tombe di coloro, che si sono distrutti in tal modo, siano, in primo luogo, a solo e non in comune con gli altri, in secondo luogo siano essi sepolti senza onori alle estremità delle dodici parti del paese, in luoghi incolti e senza nome; né vi siano cippi o iscrizioni a indicare le loro tombe”

 

L’inadeguatezza della vecchia idea di eutanasia come morte gloriosa che però si sarebbe protratta ancora per secoli in gran parte del mondo è sottolineata anche da Aristotele che sui suicidi dice:

 

Invece il morire per fuggire la povertà o la passione amorosa o qualcosa di doloroso non è di un uomo coraggioso, ma piuttosto di un vile: è infatti debolezza lo sfuggire ai travagli e chi s’uccide agisce non per affrontare una prova decorosa, bensì per fuggire un male”

 

Questi grandi uomini del passato però trattarono solo marginalmente la “ dolce morte”; il primo ad interessarsene approfonditamente fu colui che da molti è considerato il padre della medicina Ippocrate, un medico greco antico. Egli compose un opera sulla medicina nella quale dimostra di approcciarsi a quest’arte in modo molto innovativo per quei tempi e senza alcun dubbio più simile a quella che ne è la concezione attuale.

Giuramento d’Ippocrate

 

«Giuro per Apollo medico e Asclepio e Igea e Panacea e per gli dei tutti e per tutte le dee, chiamandoli a testimoni, che eseguirò, secondo le forze e il mio giudizio, questo giuramento e questo impegno scritto: di stimare il mio maestro di questa arte come mio padre e di vivere insieme a lui e di soccorrerlo se ha bisogno e che considererò i suoi figli come fratelli e insegnerò quest'arte, se essi desiderano apprenderla; di rendere partecipi dei precetti e degli insegnamenti orali e di ogni altra dottrina i miei figli e i figli del mio maestro e gli allievi legati da un contratto e vincolati dal giuramento del medico, ma nessun altro. Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, mi asterrò dal recar danno e offesa. Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo. Con innocenza e purezza io custodirò la mia vita e la mia arte. Non opererò coloro che soffrono del male della pietra ma mi rivolgerò a coloro che sono esperti di questa attività. In qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il sollievo dei malati, e mi asterrò da ogni offesa e danno volontario, e fra l'altro da ogni azione corruttrice sul corpo delle donne e degli uomini, liberi e schiavi. Ciò che io possa vedere o sentire durante il mio esercizio o anche fuori dell'esercizio sulla vita degli uomini, tacerò ciò che non è necessario sia divulgato, ritenendo come un segreto cose simili. E a me, dunque, che adempio un tale giuramento e non lo calpesto, sia concesso di godere della vita e dell'arte, onorato degli uomini tutti per sempre; mi accada il contrario se lo violo e se spergiuro. »

 

 

MEDIOEVO

 

Nell’età medievale  ogni singolo aspetto della vita era regolamentato dalla dottrina cristiana ed ogni uomo, almeno in teoria, agiva ispirati dai principi della religione. Per questo motivo nel periodo compreso tra il V ed il XV secolo d.C. ogni forma di soppressione volontaria della vita era considerata un gravissimo peccato in quanto si offendeva dio privandosi del più grande dono che ci ha concesso.

Tutto questo è racchiuso nei lapidari di san Tommaso dove il santo-filosofo sintetizza in tre motivi il perché l’eutanasia ed il suicidio siano atti moralmente riprovevoli.

 

“Il suicidio è assolutamente illecito per tre motivi. Primo, perché per natura ogni essere ama se stesso; e ciò implica la tendenza innata a conservare se stessi e a resistere per quanto è possibile a quanto potrebbe distruggerci. (…) Secondo, perché la parte è essenzialmente qualche cosa del tutto; ora, ciascun uomo è parte della società; e quindi è essenzialmente della collettività. Perciò uccidendosi fa un torto alla società, come insegna il Filosofo. Terzo, la vita è un dono divino, che rimane in potere di colui il quale “fa vivere e fa morire”. Perciò chi priva se stesso della vita pecca contro Dio (…). Infatti a Dio soltanto appartiene il giudizio di vita e di morte, secondo le parole della Scrittura: “Sono io a far morire e a far vivere”

 

 

ETA’ MODERNA

 

In tutta l’età si ha un particolare disinteresse verso quelle che sono le problematiche pratiche del malato e quindi i bisogni che portano un individuo sofferente a desiderare la morte, ma piuttosto si affronta l’eutanasia dal punto di vista morale chiedendosi se sia lecito o no privare un malato dalle proprie pene tramite una soluzione tanto estrema.

L’unica testimonianza discordante da quelle dei vari pensatori del tempo è quella di Francesco Bacone del 1605. Il filosofo inglese si preoccupa del paziente in quanto persona e non come di  un caso etico.

 

Dirò inoltre, insistendo su questo argomento, che il compito del medico non è solo quello di ristabilire la salute, ma anche quello di calmare i dolori e le sofferenze legate alle malattie; e questo non solo perché questo alleviamento del dolore, considerato un sintomo pericoloso, contribuisce alla guarigione e conduce alla convalescenza, ma inoltre per poter procurare al malato, quando non c’è più speranza, una morte dolce e tranquilla; questa eutanasia è una parte non trascurabile della felicità (…). Ma nel nostro tempo sembra che i medici ritengano loro dovere abbandonare i malati al momento della fine; contrariamente alla mia opinione, se essi fossero zelanti nell’adempiere il proprio dovere e di conseguenza rispettassero i propri doveri nonché le esigenze della propria professione, non risparmierebbero nessuna cura per aiutare gli agonizzanti ad uscire da questo mondo con maggior dolcezza e facilità. Ora, questa ricerca la qualifichiamo ricerca sull’eutanasia esteriore, che distinguiamo da quell’altra eutanasia che si riferisce alla preparazione dell’anima e che poniamo fra le nostre raccomandazioni

 

 

 

NOVECENTO E NAZISMO

 

Nel novecento si và man mano consolidando l’idea contemporanea di eutanasia fatta eccezione per la parentesi nazista, nella quale il termine viene semplicemente abusato tanto che all’apice del nazismo finì per indicare ogni tipo di  omicidio di massa.

L’eutanasia “sociale” nazista non può essere indicata paragonata neppure alla lontana alla “dolce morte” dell’età classica o alla “sospensione del malato dalle proprie sofferenze” contemporanea poiché innanzi tutto non prevedeva il consenso del malato e non avevano come scopo quello di alleviare le pene del malato ma piuttosto quello di migliorare l’”igiene razziale” o di limitare le spese sanitarie del paese.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SUICIDIO ASSISTITO: PRO O CONTRO?

 

 

 

Le forma di eutanasia che attualmente è oggetto di discussione è quella individualistica, che si divide in attiva e passiva e quest’ultima comprende un’ulteriore variante, ovvero il suicidio assistito, ma come idea di fondo c’è la volontà del paziente e il suo consenso all’eutanasia, per cui si parla in termini generali di eutanasia volontaria. Sulla questione sono in corso accesi dibattiti, pertanto l’opinione pubblica risulta divisa in coloro che sostengono l’eutanasia e coloro che invece sono contro, escludendo chi ancora non ha espresso opinione a riguardo.

 

PRO

¨      LIBERTA’ DI SCELTA

¨      SOLLIEVO ALLA SOFFERENZA

 

La vita di un malato terminale non viene più considerata una vita vera e propria, poiché spesso, è condizionata da macchine o paralisi, per cui il malato è costretto all’immobilità, il che significa non avere più indipendenza e autonomia. Non è concepibile quindi una vita in subordinazione di qualcosa o qualcuno, poiché questo non è più vivere. La condizione di dipendenza in cui il paziente viene a trovarsi provoca anche un grave danno psichico, per cui il malato non riesce ad accettare la sua situazione. In più è da tenere in considerazione anche il disagio fisico, visto che in molti casi la malattia provoca anche dolori lancinanti, troppo forti per essere sopportati.  La terapia del dolore non offre un sollievo totale alla sofferenza, nonostante ci sia l’uso di analgesici e sostanze stupefacenti, come la morfina. Un’autorità esterna non ha il diritto di imporre la sua decisione, poiché non è a conoscenza della condizione del malato e non prova in prima persona ciò che lo affligge. Ogni individuo ha il libero arbitrio sulla propria vita, ha libertà di scelta. Se un ammalato terminale esprime la volontà di porre fine alla sua vita, è importante che la sua scelta venga rispettata.

 

CONTRO

¨      GIURAMENTO DI IPPOCRATE

¨      ETICA E MORALE RELIGIOSA

¨      DISTINGUERE LA PIENA CONSAPEVOLEZZA DEL MALATO

¨      DESIDERI DELLA FAMIGLIA E PRESSIONI ESTERNE

Il Giuramento di Ippocrate vieta ad ogni medico di provocare la morte ad un qualsiasi individuo. Infatti esso recita: “Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio”.  La vita prima di tutto, anche prima del volere dell’interessato stesso. Non è per niente ammissibile provocare la morte e tantomeno suggerire ad un ammalato la soluzione dell’eutanasia. Il medico ha una grande responsabilità e la sua unica priorità deve essere quella di salvaguardare la vita dei pazienti e non praticare l’eutanasia pensando che il fine giustifica i mezzi. Bisogna tenere a mente che l’eutanasia volontaria è sempre di una forma di suicidio. Quindi l’eutanasia diviene moralmente condannabile, anche se la  moralità del problema è ancora in discussione. Se però si sceglie di considerare l’eutanasia come suicidio, appare evidente la posizione di molte religioni, che siccome considerano il suicidio un atto peccaminoso, per estensione devono condannare anche l’eutanasia volontaria. Inoltre risulta complicato definire volontaria l’eutanasia che si va ad applicare, poiché molto spesso le malattie, ad esempio il coma vegetativo, che colpiscono i soggetti interessati ledono in modo permanente le funzioni cerebrali, per cui diviene impossibile decidere ed avere una propria consapevolezza. L’eutanasia volontaria può dirsi tale solo quando è il paziente a richiederla, come è accaduto per il caso di Piergiorgio Welby, al contrario invece di Eluana Englaro, dove l’eutanasia è stata chiesta dalla famiglia. Infatti molto spesso non è tanto una volontà del malato, quanto della famiglia e delle persone che lo circondano, le quali, vedendo il loro caro in condizioni di estrema sofferenza, decidono di porre fine al dolore loro e del malato scegliendo la “via più comoda”. Anche il caso di Terri Schiavo può essere ricondotto a questo aspetto, infatti a chiedere la morte della donna è stato il marito, anche se i genitori erano contro. Infatti può anche accadere che la famiglia si rifiuti di promuovere l’eutanasia perché ha il bisogno di passare quanto più tempo possibile con il loro caro, nonostante la visione costante della sofferenza e del dolore. Inoltre a volte può accadere che il personale ospedaliero provochi una pressione psicologica sul degente, per indurlo a scegliere l’eutanasia volontaria.

 

 

 

 

 

EUTANASIA ATTIVA E PASSIVA: LE OPINIONI

 

 

 

Molti tendono ad uguagliare l’eutanasia attiva all’omicidio, poiché consiste proprio nel procurare la morte con medicinali speciali o altre metodologie. Che distinzione c’è quindi tra procurare la morte con una pistola o con una dose di adrenalina? Anche se si intende uccidere un individuo senza alcuna speranza di guarigione, il gesto è comunque paragonabile ad un omicidio vero e proprio. Questa tesi vale sia sul piano giuridico, etico e religioso. Mentre l’eutanasia attiva provoca la morte in maniera molto esplicita, l’eutanasia passiva è invece più ambigua, come ambigue sono le opinioni a riguardo. L’omissione di cure sembra che arrechi una morte “naturale”, ben diversa quindi dall’eutanasia passiva. Molti sono a favore dell’eutanasia passiva, ma altri, come ad esempio la Chiesa, sostengono invece che sia l’eutanasia passiva e sia quella attiva operano per lo stesso scopo, quindi entrambe condannabili senza porre ulteriori distinzioni. Infatti, secondo questa visione, l’eutanasia passiva viene ad essere giusto un modo per celare sotto altre forme il mettere fine alla vita del malato. Sotto inchiesta c’è anche la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione, che secondo alcuni può essere una forma di eutanasia passiva e, in quanto tale, lecita, perché non consiste in un atto che provoca immediatamente la morte, ma lascia che il corpo la accetti in modo quasi naturale. Ma secondo l’etica negare l’alimentazione e l’idratazione è moralmente sbagliato, in quanto ogni essere vivente ha diritto a cibo e acqua. Anche in questo caso va ribadito il Giuramento di Ippocrate: così come non deve acconsentire all’eutanasia volontaria, il medico non deve acconsentire neanche all’eutanasia attiva o passiva estesa ad un livello più generale, ovvero anche quando non è espressa la volontà del paziente (perché afflitto da malattie che impediscono le normali attività cerebrali). In più, volendo anche ammettere l’eutanasia volontaria, perché comunque è un’esplicita richiesta del malato, poi risulta più difficile esprimersi in senso generale, poiché le malattie degenerative sono tante e ognuna agisce in modo diverso, quindi non tutti i malati hanno la possibilità di scelta. Così scegliere o meno l’eutanasia spetta alla famiglia o al tutore legale, quindi in questa situazione c’è un individuo esterno che sceglie, per cui diventa moralmente inaccettabile che un essere umano decida la morte per un altro essere umano. D’altro canto l’eutanasia, per molti, può rappresentare un’importante soluzione al dolore e la fine di pesanti sofferenze, anche per le persone che circondano il malato. Terapie del dolore e cure palliative attenuano le sofferenze, ma non le cancellano del tutto, non risultano quindi validi strumenti per consentire al malato una vita normale.

LA POSIZIONE DELLA CHIESA

«Solo Dio è il Signore della vita, dal suo inizio alla sua fine»

 

 

 

 

La vita del malato terminale oscilla tra l’eutanasia e l’accanimento terapeutico, nello stesso modo anche l’opinione della Chiesa Cattolica, che va ad inserirsi in una via di mezzo: non eutanasia, non accanimento terapeutico, ma cure palliative. Come cardine e fondamento dell’opinione cattolica c’è la sacralità della vita, poiché essa “comporta l’azione creatrice di Dio e rimane per sempre in una relazione speciale con il Creatore […]. Solo Dio è il Signore della vita dal suo inizio alla sua fine”. L’uomo di oggi crede di avere pieno possesso della sua vita e il più libero arbitrio, mentre in realtà la vita è un bene di cui nessuno può disporre, né per sé e né tantomeno per gli altri. La verità è che il dolore fa paura e la morte sembra qualcosa di inevitabile e per questo inaccettabile. Quindi si tende ad estremizzare la situazione, o ricorrendo ad una soluzione drastica e netta mediante l’eutanasia, oppure ad un estenuante ed esasperato accanimento terapeutico. Così per cancellare l’idea della morte incombente si preferisce o accelerarne o ritardarne l’arrivo e in entrambi i casi con mezzi di dubbia coerenza etico - religiosa. Alcuni giustificano la scelta dell’eutanasia poiché ritengono che la sacralità della vita viene meno con il sopraggiungere di malattie paralizzanti e con la perdita dell’autonomia motoria e della lucidità mentale. Imperversa quindi una mentalità secondo la quale la dignità umana è direttamente proporzionale alla buona salute, per cui l’unica soluzione accettabile è porre fine alle sofferenze con qualsiasi mezzo.

Secondo la Chiesa Cattolica, l’eutanasia stravolge “lo statuto etico della scienza medica”, come ha affermò Giovanni Paolo II durante la Conferenza Internazionale promossa dal Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute. La malattia, l’incoscienza e la paralisi non ledono affatto la dignità umana. “L’eutanasia è una falsa soluzione al dramma della sofferenza, una soluzione non degna dell’uomo” è quanto ha affermato papa Benedetto XVI nell’Angelus del 1 Febbraio 2009, in occasione della Giornata per la vita promossa dalla CEI, sul tema “La forza della vita nella sofferenza”. Infatti da diversi anni la Chiesa vede l’eutanasia come una soluzione individualistica e soprattutto egoistica, in quanto ha la pretesa di gestire a suo piacimento la vita umana, quando in realtà non esiste nessun diritto di decidere tra la vita e la morte per l’uomo. Inoltre può quindi anche essere considerata come una fuga dalla sofferenza, quella stessa sofferenza che può essere mezzo di espiazione e per gli altri una materializzazione del prossimo.

L’altra “via di fuga” è l’accanimento terapeutico. Anche questo trattamento è sconsigliato dalla Chiesa, come attesta l’enciclica “Evangelium Vitae” di Giovanni Paolo II, secondo la quale bisogna rinunciare a cure “spropositate ai risultati che si potrebbero sperare”. Il Pontefice stesso, durante la sua agonia, rinunciò all’accanimento terapeutico, rifiutando di trasferirsi al Policlinico “A. Gemelli” di Roma per sottoporsi a cure che non avrebbero arrecato alcuna guarigione.

Non c’è un diritto di morire o un diritto di vivere a tutti i costi, ma esiste il diritto di morire nella maniera più serena possibile, evitando inutili sofferenze e attendendo che Dio operi il suo volere. “La vera risposta non può essere dare la morte, per quanto dolce, ma testimoniare l’amore che aiuta ad affrontare il dolore e l’agonia in modo umano”. La massima espressione delle parole del pontefice sono le cure palliative. Dal latino “palliativo” significa “protezione, mantello”, infatti le cure palliative sono trattamenti applicati a malati terminali che si propongono di ridurre la sofferenza, grazie alla terapia del dolore, che prevede la somministrazione di analgesici e anestetici al fine di ridurre l’intensità del dolore provocato dalla malattia. Le cure palliative non accelerano e tantomeno ritardano la morte, quindi lasciano che la malattia faccia il suo corso naturale, cioè senza interventi e intromissioni da parte dell’uomo. Oltre ad un supporto medico,  è presente anche supporti  di tipo psicologico e religioso, che aiutano il malato a prepararsi alla morte con una personale consapevolezza. Proprio per questo una normale équipe che pratica cure palliative comprende  un medico, un psicologo, un infermiere, uno psicologo, un fisioterapista ed un volontario; il tutto rende una cura globale e multidisciplinare.

Oltre a condannare la forma individualistica dell’eutanasia, la Chiesa si è espressa anche in merito all’eutanasia collettivistica. “Viene così indebolito il rispetto che e' dovuto a ogni essere umano, anche in presenza di un difetto nel suo sviluppo o di una malattia genetica che potrà manifestarsi nel corso della sua vita, e sono penalizzati fin dal concepimento quei figli la cui vita è giudicata come non degna di essere vissuta", è quanto ha affermato papa Benedetto XVI parallelamente al putiferio mediatico provocato dal caso Englaro. La religione cattolica considera tutti gli uomini tutti fratelli, in quanto figli di un unico Dio, perciò Dio riversa il suo amore tra gli uomini in modo omogeneo, anche verso coloro che molto spesso vengono appellati “sfortunati”. Quindi siccome Dio ama anche il nostro fratello più debole, l’uomo non ha il diritto di compiere una selezione naturale, scegliendo arbitrariamente coloro che devono vivere e coloro che devono morire. La storia ci insegna a non commettere gli stessi errori del passato, per cui nel Terzo millennio l’eutanasia eugenetica dovrebbe essere solo un lontano ricordo della storia antica e del nazismo.

E sempre il caso Englaro ha acceso polemiche anche sul testamento biologico, dove la Chiesa si è espressa  grazie alle parole del monsignore Angelo Bagnasco presidente della CEI,  inizialmente mal interpretate. Molti avevano letto nelle parole del Cardinale un’apertura della Chiesa, in realtà Bagnasco ha solamente espresso la necessità di riempire l’attuale vuoto legislativo con una legge che garantisca pienamente il diritto alla vita e soprattutto all’alimentazione e idratazione artificiali. Infatti secondo quanto ha affermato la Congregazione per la Dottrina della Fede nel 1° agosto 2007, in risposta ai quesiti della Conferenza Episcopale Statunitense, l’alimentazione e l’idratazione artificiali sono diritti innegabili anche a pazienti che versano in uno stato vegetativo permanente, innanzitutto perché la somministrazione di cibo e acqua è fondamentale per ogni essere vivente e anche perché in questo modo vengono ridotte ulteriori sofferenze per inanizione e disidratazione.        

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL DIBATTITO BIOETICO

 

 

 

Il dibattito bioetico intorno alla legittimità o illegittimità di anticipare una morte comunque inevitabile per risparmiare al soggetto che chiede aiuto a morire sofferenze insopportabili, si avvale del termine «eutanasia».

 

Che cosa si intende per eutanasia nel dibattito bioetico?

 

Eutanasia è l'anticipazione della morte resa possibile dall'intervento umano per pazienti terminali in stato di sofferenza grave privi di ragionevoli prospettive di sopravvivenza. Perché si possa parlare di eutanasia l'assistenza all'anticipazione della morte deve avere come unica motivazione ragioni etiche, deve configurarsi cioè esclusivamente come risposta alla richiesta esplicita (attuale o pregressa) del soggetto in condizione di sofferenza grave e irreversibile. Muovendo dal significato di eutanasia si è aperto un dibattito intorno alla liceità di dare la morte come un soccorso a sofferenze acute o devastanti. Si è parlato di dignità del morire in rapporto al fatto che queste sofferenze devastanti rendano la morte disumana. Alla complessità etica del tema : "dare la morte" si aggiunge un ulteriore grande difficoltà. La difficoltà di accettare l'eutanasia, ed un eventuale leggi che la regolamenti, confligge con uno dei cardini della tradizione dell'etica medica ippocratica ossia: il dovere imprescindibile del medico di salvaguardare sempre e comunque la vita del paziente. Queste principio fonda quello che è comunemente chiamato vitalismo medico, in nome del quale evitare la morte o procrastinarla il più possibile è stato per secoli un obbligo imprescindibile. Il nodo del dibattito bioetico intorno all'eutanasia si stringe intorno ad almeno due tra tante questioni fondamentali e cioè:

¨      E’ eticamente sostenibile dare la morte?

¨      E' giusto legiferare su questo tema, fare cioè una legge che definisca i confini della legittimità, disegni i limiti rispettando i quali l'aver dato la morte non è da considerare omicidio?

Nella letteratura ormai ampia intorno all'eutanasia quale tema bioetico troviamo la distinzione tra eutanasia attiva, passiva, volontaria, involontaria. Iniziarne con l'eutanasia attiva, la quale si risolve nel determinare o anticipare la morte del paziente, dietro su richiesta, attraverso l'intervento medico, per ragioni etiche. Il Comitato Nazionale di bioetica utilizzando il crudo termine uccisione definisce l'eutanasia attiva con le parole che seguono: " L'eutanasia attiva consiste nell'uccisione diretta e volontaria di un paziente terminale in condizioni di grave sofferenza e su sua richiesta. Con eutanasia passiva si indica l'anticipazione della morte del malato determinata dall'astensione di atti medici che avrebbero potuto prolungare quella vita. Esempio: un neonato gravemente deforme con brevi aspettative di vita che vengono somministrati farmaci per una bronchite o polmonite sopravvenuta. Per riflettere sulla questione dell'eutanasia nell'ambito del dibattito bioetico dobbiamo chiarire alcuni dei sensi di questa parola. Etimologicamente significa "morte buona" ma la morte può essere buona? Questa è una domanda che ci chiede di riflettere. A tale proposito Epicuro e poi Lucrezio nel "De Rerum Natura" sostenevano che la morte fosse un nulla. A loro differenza in una fondamentale opera filosofica del 900 "La stella della redenzione" Franz Rosenzweig sostiene che: "la morte è un qualcosa di cui tenere conto, su cui non scivolare con ambigua non curanza". Passiamo ora dal significato etimologico al significato che ha assunto nel corso del tempo questa parola. Nel mondo antico, con il termine eutanasia ci si riferisce ad una morte dolce, morte come compimento del ciclo vitale insomma un dono della vita al mortale che può essere annoverato agli uomini felici. In tal senso il termine compare per la prima volta nel II sec d.C., in Svetonio nella 'Vita dei Dodici Cesari", dove qualifica la morte di Augusto come una morte buona. Invece nel!' età moderna, i magistrati di Utopia, il famoso testo di Tommaso Moro del 1516, suggeriscono con i sacerdoti la morte ai malati terminali, non compare la parola eutanasia, ma si delinea il tema di una morte gestita da autorità, socialmente auspicata. La vera svolta per il significato della parola eutanasia si compie quando l'eutanasia è prospettata come un problema dì etica medica e questo succede con Bacone: "Nel progresso" del 1605 Bacone afferma che: "Compito del medico non è solo quello dì ristabilire la salute, ma anche quello di mitigare le sofferenze causate dalla malattia, (...) i medici, se non vogliono mancare al loro ufficio e quindi all'umanità, dovrebbero acquisire l'abilità di aiutare i morenti a congedarsi dal mondo in modo più dolce e quieto e praticarla con diligenza". Sfogliando rapidamente le pagine di una storia secolare, giungiamo allo snodo determinante nella storia dell'eutanasia, quello snodo rappresentato dal ricorso fatto dal regime nazista per eliminare, in modo tutt'altro che dolce e a prescindere dalla volontà delle vittime, le cosiddette vite indesiderate ossia disabili, disadattati sociali, disoccupati rinominati «renitenti al lavoro», etc. Oggi invece, la parola significa "morte anticipata" rispetto alle residue risorse dell'organismo, grazie alla possibilità rese disponibili dalla tecnica. E siccome la tecnica è in continuo avanzamento, sempre più difficile sarà distinguere il dovere di cura dall'accanimento terapeutico. La tecnica infatti ha creato un tempo intermedio tra la vita e la morte, dove una vita organica si protrae o in assenza di una vita cognitiva o in conflitto con la capacità di sopportazione del paziente, che in questo caso chiede di essere aiutato a morire. Il tema dell’eutanasia è stato affrontato anche da Pio XII, il quale ebbe a dire: per quanto riguarda e concerne il paziente, egli non è padrone assoluto di se stesso, del proprio corpo, del proprio spirito.

Non può dunque disporne liberamente. Per quanto riguarda i medici, nessuno al mondo, nessuna persona privata, nessuna umana pietà, può autorizzare il medico alla diretta distruzione della vita.

Sul concetto della dignità della morte Paolo VI afferma: "tenendo presente il valore di ogni persona umana, vorremmo ricordare che spetta il medico essere sempre al servizio delta vita ed assisterla fino alla fine, senza mai accettare l'eutanasia, né rinunciare a quel dovere umano di aiutarla a compiere con dignità il suo corso terreno". Lo stesso Paolo VI si pronuncia contro l'accanimento terapeutico affermando che il dovere del medico consiste nell'adoperarsi a calmare la sofferenza invece di prolungare più a lungo possibile con qualunque mezzo e a qualunque condizione una vita che va naturalmente verso la sua conclusione. Contro l'eutanasia si sono espresse anche Organizzazioni sanitarie internazionali e perfino l'Assemblea del consiglio d'Europa sui diritti dei malati e dei morenti. Precisamente l'articolo 7 esclude l'eutanasia attiva con queste parole: "il medico deve sforzarsi di placare la sofferenza e non ha il diritto, anche nei casi che sembrano più disperati di affrettare intenzionalmente il processo naturale della morte. Analoga posizione è espressa dal Codice italiano di Deontologia medica, che all'articolo 40 recita: " In nessun caso, anche se richiesto dal paziente o dai suoi familiari, il medico deve attivare mezzi tesi ad abbreviare la vita di un ammalato. Tuttavia, nel caso di malattia a prognosi infausta, il medico può limitare la propria opera all'assistenza morale ed alla prescrizione ed esecuzione della terapia atta a risparmiare al malato inutili sofferenze. Dal punto di vista legislativo, in Italia l'eutanasia, specie quella attiva è considerata alla stregua di un omicidio volontario con attenuanti. L'articolo 579 del codice penale afferma: "chiunque causi la morte di un uomo con il consenso di lui, è punito con reclusione di 6 ai 5 anni. Negli U.S.A. la Corte costituzionale Federale ha sancito il diritto di ciascun Stato a poter legiferare in proposito; soltanto lo Stato Oragon ha legiferato per la legalità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DIBATTITO PARLAMENTARE IN ITALIA

 

 

 

LEGISLAZIONE

 

Dal punto di vista legislativo in Italia l’eutanasia è considerata alla stregua di un omicidio volontario anche se con le attenuanti. L’articolo 579 del codice penale afferma: “ chiunque causi la morte di un uomo con il consenso di lui, è punito con la reclusione da 6 a 15 anni”. La stessa pena è prevista per il suicidio assistito con la seguente formula: “se si fornisce ad un malato un veleno che il paziente ingerisce da solo, si commette omicidio del consenziente”. Sanzioni penali sono previste anche dall’articolo 580 (istigazione ed aiuto al suicidio).

 

ATTVITA’ PARLAMENTARE

Già nel 1984 il deputato socialista Loris Fortuna presentò un progetto di legge al fine di disciplinare l'interruzione delle terapie ai malati terminali. In seguito, sulla spinta dell'opinione pubblica e dei fatti di cronaca, 16 deputati dell'Ulivo presentarono nel 1999 un progetto di legge avente come titolo Disposizioni in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari. Con analogo titolo fu presentata, nel giugno 2000, una bozza di legge a cura dei senatori Verdi Manconi, Carella e Pettinato. Una proposta di legge di iniziativa popolare fu presentata dai Radicali nell'agosto 2001, il cui titolo era esplicitamente Legalizzazione dell'eutanasia. Successivamente sono state promosse varie iniziative legislative: tra le più rilevanti vi sono il progetto di legge d'iniziativa popolare a cura dell'associazione Libera Uscita, tendente a ottenere la depenalizzazione dell'eutanasia e l'introduzione del testamento biologico, ed un documento sull'interruzione delle cure promosso dalla Rosa nel Pugno. Il 19 dicembre 2006 è stato inoltre presentato dal senatore Villone il disegno di legge dal titolo "Disciplina del rifiuto di trattamento sanitario in attuazione dell'articolo 32 della Costituzione”. Nel 2009 il Senato ha approvato il ddl Calabrò (Pdl) sul biotestamento con 150 voti a favore (123 contrari e 3 astenuti). L’opposizione ha mostrato il più totale dissenso e l’Italia dei valori reclama un referendum abrogativo.

 

 

 

Testamento biologico, il disegno di legge approvato come testo base di lavoro della commissione Sanità del Senato

Art. 4 (CONSENSO INFORMATO)

1. Salvo i casi previsti dalla legge, ogni trattamento sanitario è attivato previo consenso esplicito ed attuale del paziente prestato in modo libero e consapevole.

2. L'espressione del consenso è preceduta da accurate informazioni rese in maniera completa e comprensibile circa diagnosi, prognosi, scopo e natura del trattamento sanitario proposto, benefici e rischi prospettabili, eventuali effetti collaterali, nonché circa le possibili alternative e le conseguenze del rifiuto del trattamento.

3. L'alleanza terapeutica così costituitasi all'interno della relazione medico paziente è rappresentata da un documento di consenso, firmato dal paziente, che diventa parte integrante della cartella clinica.

4. E' fatto salvo il diritto del soggetto interessato che presti o non presti il consenso al trattamento sanitario, di rifiutare in tutto o in parte le informazioni che gli competono. Il rifiuto può intervenire in qualunque momento e deve essere adeguatamente documentato.

5. Il consenso al trattamento sanitario può essere sempre revocato, anche parzialmente.

 

 

 

 

EUTANASIA DAL PUNTO DI VISTA LEGISLATIVO NEI VARI STATI

 

 

USA

 

Tutti gli stati dispongono di una legislazione che autorizza il “testamento biologico”, uniche eccezioni il Massachusetts, il Michigan e New York, che riconoscono comunque il diritto di nominare un mandatario. In materia di eutanasia vera e propria, nel 1997 la Corte Suprema ha deciso all’unanimità che il diritto all’eutanasia e al suicidio assistito non può essere affermato a livello costituzionale come é invece avvenuto per l’aborto. Questa decisione non preclude però che i singoli Stati posssano legiferare in materia. Per ora solo l’Oregon ha una legge pro eutanasia: a seguito di un referendum svoltosi nel 1994, é stato approvato il “Death with dignity Act”, che consente il suicidio assistito a malati terminali con meno di 6 mesi di speranza di vita. Per una serie di ricorsi, il primo malato ha potuto usufruire della legge solo nel 1998.

 

 

OLANDA

 

L’ Olanda, fu il primo paese al mondo che legalizzò l’eutanasia nel 2000; poi dal 1 aprile 2002 entrò in vigore la legge sull’ eutanasia che questa può essere praticata a condizione che sia ripetutamente chiesta personalmente dal paziente al proprio medico. La richiesta include la compilazione da parte del medico, di un questionario di 50 domande. Inoltre l’eutanasia può essere praticata solo se il paziente è affetto da una patologia per la quale non c’è una cura praticabile, quindi solo se si tratta di malati terminali. È anche necessario il parere di un altro medico e la procedura deve essere comunicata alla autorità competenti.

Solo nel 2000 vi furono altri 2210 casi di eutanasia e dal 2004 l’eutanasia ha trovato applicazione per bambini di età inferiore ai 12 anni, però è necessaria l’autorizzazione dei genitori.

 

AUSTRIA

 

in Austria nel 1997 è stata abrogata una legge permissiva sull’ eutanasia.

 

 

SVIZZERA

 

In Svizzera è previsto e tollerato il suicidio assistito. Viene praticato al di fuori dell’ istituzione medica da un’associazione privata chiamata EXIT. Il medico deve limitarsi a fornire i farmaci al malato. In Portogallo, sono condannate tutte le tecniche di eutanasia, ma il consiglio Etico ha ammesso l’arresto dei trattamenti terapeutici solo in alcuni casi considerati “ disperati”.

 

BELGIO

 

In Belgio, dal 16 maggio 2002 è in vigore una legge che disciplina l’eutanasia a condizione che la domanda dell’interessato sia conseguente ad uno stato di “ costante ed insopportabile sofferenza fisica e psichica”.

 

PAESI SCANDINAVI

 

Nei Paesi Scandinavi abbiamo un panorama abbastanza omogeneo: in Svezia il suicidio assistito è tollerato, mentre l’eutanasia attiva è perseguita penalmente; in Finlandia l’eutanasia passiva è legalizzata ; in Norvegia è necessaria la richiesta dell’ interessato di un suo prossimo congiunto, se il paziente è in uno stato di incoscienza, per poter procedere all’ eutanasia passiva ; in Danimarca le cosiddette “direttive anticipate” hanno valore legale. I parenti del malato possono autorizzare l’interruzione delle cure.

 

GERMANIA

 

In Germania il suicidio assistito non è ritenuto un reato, purché il malato sia capace di intendere e di volere e ne faccia esplicita richiesta; l’eutanasia attiva, invece, è proibita.

In Francia, la recente legge dell’ aprile 2005 relativa ai malati terminali riconosce loro la possibilità di richiedere una “degna morte”: viene confermato il primato delle cure palliative e, regolando l’eutanasia passiva, si ribadisce il divieto di quella attiva.

 

REGNO UNITO

 

Nel Regno Unito, l’aiuto di suicidio è perseguito a norma dei Suicide Act del 1961, anche sul piano giurisprudenziale e giurisdizionale vi sono aperture consistenti all’ eutanasia passiva. L’eutanasia assomigliava all’omicidio e passibile di pene fino a 14 anni di carcere.

È attualmente in discussione alla Camera dei Comuni l’ Assisted Dying for the terminally in bill (legge sulla morte assistita per i malati terminali, che permetterebbe una forma di suicidio assistito simile a quella prevista dallo statunitense Oregon Death with dignity del 1997.

 

GRECIA

 

In Grecia, l’eutanasia è legalizzata e la si può applicare senza eccessive limitazioni tanto soggettive, quanto oggettive. In Ungheria è ammesso solo l’eutanasia passiva solo su richiesta del paziente.

 

CANADA

 

In Canada l’eutanasia è vietata, ma in alcune province come Manitoba e Ontario vi è una sorta di tolleranza verso le forme passive. In Colombia non esiste una legge specifica sull‘eutanasia, ma è consentita grazie ad un pronunciamento della corte costituzionale.

 

CINA

 

In Cina una legge del 1998 autorizza gli ospedali a praticare l’eutanasia ai malati terminali.

 

AUSTRALIA

 

In alcuni stati dell’ Australia le “ direttive anticipate” hanno valore legale. Nel 1996 nei territori del nord fu legalizzata l’eutanasia attiva volontaria, ma nel 1998 il parlamento federale annullò tale provvedimento.

 

 

 

 

 

 

 

CASI CONTROVERSI

 

TERRI SCHIAVO

 

 

 

 

                                    

 

 

 

 

Altro caso mediatico riguardante il tema dell’eutanasia è quello dell’americana Terri Schiavo, morta il 31 marzo 2005 all’età di 41 anni. A soli 26 anni  fu colpita da un collasso, dovuto ad uno squilibrio del potassio, provocando un arresto cardiaco. Di conseguenza il cervello riportò ingenti danni, per cui fu ridotta allo stato di coma vegetativo.  Nel 1998 il marito Michael, dopo varie vicissitudini riguardanti una causa contro la malasanità, chiese la rimozione del tubo dell’alimentazione artificiale e nel 2000 il giudice Greer accoglie la richiesta, ma la famiglia della donna andò in Corte d’Appello, grazie all’ausilio di sette medici, che dimostrarono una possibile ripresa di Terri Schiavo. Nel 2003 il Secondo Distretto della Corte d’Appello acconsentì alla rimozione del tubo dell’alimentazione, per cui esso venne staccato, ma giusto in extremis il parlamento riuscì a varare una legge che provocò il riattaccamento del tubo. Intanto la Chiesa con Giovanni Paolo II si mostrò fermamente contraria all’interruzione dell’alimentazione, in quanto alimentazione e idratazione sono diritti di qualsiasi essere umano. Nel 2005 il tubo venne definitivamente rimosso, su pressante richiesta del marito Michael e vani furono i tentativi dei genitori di impedire la morte della loro figlia.

 

 

 

PIERGIORGIO WELBY

 

A Roma, il 20 dicembre 2006, l’anestesista Mario Riccio staccò definitivamente il respiratore che teneva in vita Piergiorgio Welby, al cospetto dei suoi familiari e di alcuni esponenti politici.

Piergiorgio Welby fu affetto all’età di sedici anni da distrofia muscolare, malattia che provoca un’atrofia progressiva dei muscoli scheletrici. Per attenuare le sofferenze fece uso di sostanze stupefacenti negli anni ’60 e ’70 e in più si dedicò all’arte e alla poesia. Negli anni ’80 ebbe bisogno di una disintossicazione per le droghe che aveva assunto e sempre in questo periodo incontrò Mina, sua moglie. Nel luglio 1997 Welby subì una violenta crisi respiratoria, che implicò un intervento di tracheotomia e l’attacco di un respiratore meccanico. Prese parte attiva nella campagna a favore dell’eutanasia, tanto che fu nominato dai radicali co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni, movimento che si prefigge di “promuovere la libertà di cura e di ricerca scientifica, l'assistenza personale autogestita e affermare i diritti umani, civili e politici delle persone malate e disabili”. Inviò una lettera al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, affinché si riconoscesse il diritto all’eutanasia e inviò un’altra lettera al Tg3, nella quale sosteneva una certa analogia tra la sua condizione e la prigionia di Aldo Moro. Intanto scoppiò un grande caso mediatico che spaccò letteralmente l’opinione pubblica. Alcuni sostenevano che mantenere in vita Welby era esempio di rifiuto dell’accanimento terapeutico, altri sostenevano invece che era vera e propria eutanasia, mentre la Chiesa ha sempre chiesto un migliore accertamento del caso e si è sempre ritenuta contraria all’eutanasia, infatti vietò lo svolgimento dei funerali secondo il rito cattolico. Questa decisione fu assunta in primis dal cardinale Camillo Ruini, giudicando incoerente con le normali linee della Chiesa Cattolica il consenso ai funerali religiosi. I funerali si svolsero il 24 dicembre 2006 in piazza Don Bosco, nel quartiere Tuscolano di Roma, proprio davanti alla Chiesa che era stata scelta dalla famiglia come luogo di svolgimento della funzione.

ELUANA ENGLARO

 

 

Il 9 febbraio 2009 si è spenta a Udine Eluana Englaro, dopo uno stato di coma vegetativo di diciassette anni, provocato da un incidente stradale avvenuto il 18 gennaio 1992 mentre la ragazza ritornava da una festa a Pescate (vicino Lecco). L’incidente provocò uno stato di coma vegetativo permanente, differente dal coma profondo, poiché la paziente respirava autonomamente, pur senza coscienza, a causa della corteccia cerebrale necrotizzata. Lo stato clinico di Eluana non lasciava più speranze di ripresa, per cui il padre Beppino Englaro, che dal 1997 divenne tutore a tutti gli effetti della figlia, iniziò la sua lotta per mettere fine alle sofferenze della ragazza, per cui richiedeva l’interruzione dell’alimentazione, che avveniva grazie ad un sondino naso-gastrico. Da questo momento seguirono i vari ricorsi alla magistratura, ma risultano tutti vani, per cui Beppino Englaro si rivolse al presidente Ciampi nel 2000. Tra il 2003 ed il 2006 Beppino vide respinta per ben due volte dalla Corte d’Appello la richiesta di eutanasia per la figlia ma la Cassazione lasciò uno spiraglio di speranza motivando che la domanda della famiglia Englaro non poteva essere accolta in quanto non vi erano le “ specifiche risultanti” circa le reali volontà dalla ragazza. Il 16 Ottobre 2007 la Cassazione rinviò per l’ennesima volta alla Corte d’Appello milanese la decisione sostenendo che per autorizzare l’eutanasia dovevano esserci due prerequisiti essenziali: coma vegetativo irreversibile e la volontà espressa dal malato di non voler essere sottoposto ad accanimento terapeutico. Le vicende seguenti hanno portato al gennaio 2009, all'attuazione della sentenza che autorizzava la sospensione dell'alimentazione-idratazione artificiale. Per cui la donna è stata trasportata alla clinica “La Quiete” di Udine, dove è stata eseguita l’interruzione dell’alimentazione e idratazione, mentre nel contempo il parlamento si stava impegnando a promulgare un DDL che ne impedisse la sua attuazione. Il padre, Beppino Englaro, ha acconsentito alla pubblicazione di un libro, “Eluana: la libertà è la vita”, in cui racconta le sue peripezie giudiziarie e la sua lotta a favore dell’eutanasia.

DICHIARAZIONI A SFAVORE

 

 

Rosy Bindi ex ministro della Sanità "Sull'eutanasia Veronesi auspica una soluzione civile, ma non mi pare che si possa avviare un confronto serio e costruttivo se si parte dalla premessa che si tratta di morti viventi. In questa espressione c'è un giudizio che nega dignità a queste esistenze".

Ersilio Tonini cardinale "La Chiesa sarà sempre contraria all'eutanasia. Una legge che desse la possibilità di far morire una persona sarebbe un fatto gravissimo: lo Stato non può essere padrone della vita e tantomeno della morte di nessuno".

Elio Guzzanti medico e politico "Chi è in stato permanente vegetativo non è morto. Fino a quando nuovi studi non dimostreranno l'impossibilità di recuperare chi è in coma anche da lungo tempo, non sarà possibile giustificare la scelta di far morire queste persone".

Giulio Andreotti politico "Non c'è mai certezza della non guaribilità e ci sono casi di cronaca, anche se rari, a dimostrarlo. E soprattutto attenzione ad aprire le maglie della cultura della difesa della vita perché rischiamo di precipitare verso una società molto crudele che elimina chi non serve più, chi non è più attivo".

Elio Sgreccia vicepresidente della pontificia Accademia per la vita "Ci sono stati casi clamorosi di risvegli dopo anni di coma. Ma anche nel caso di speranze ridotte al lumicino o considerate nulle, non deve essere consentito all'uomo di porre fine a una vita. Lo stesso discorso, allora, dovrebbe essere applicato alle persone colpite da patologie gravi, che hanno un'aspettativa di vita limitata e nessuna speranza di guarigione. Bisognerebbe forse smettere di dar loro da mangiare?".

Padre Bartolomeo Sorge gesuita e teologo "La materia non si può regolamentare. Si deve rilanciare la cultura della vita".

 

 

 

 

 

DICHIARAZIONI A FAVORE

 

 

 

Umberto Veronesi oncologo “La mia legge non riguarda il tema dello stato vegetativo permanente nella sua globalità, ma solo il diritto di ogni cittadino di rifiutare questo modo innaturale di terminare la propria vita. Oggi la decisione di come e quando prolungare l'assistenza è completamente nelle mani dei medici, mentre invece è diritto inalienabile di ogni cittadino decidere se iniziare o quando lasciare il trattamento di sostegno. [...] In passato c'era la paura di morire anzitempo. Oggi c'è quella di sopravvivere oltre il limite naturale della vita, in una condizione artificiale, priva di coscienza e di vita di relazione”.

 

 

Margherita Hack astrofisica “È vergognoso che gente che si dichiara cristiana si accanisca in modo fondamentalista contro una persona che è morta da 17 anni (Eluana Englaro), che non ha nessun modo di difendersi e che quando era in vita aveva sempre dichiarato di non voler essere sottoposta all'accanimento terapeutico. Peggio ancora, però, è che siano i politici a intromettersi: chi vuol agire contro la sentenza della Corte di Cassazione, ma anche la passività della sinistra e del Partito democratico, che ha avuto una reazione estremamente debole contro l'ingerenza della Chiesa”.

 

 

Indro Montanelli giornalista “Nessuno contesta il diritto di ognuno a disporre della propria vita, non vedo perché gli si debba contestare il diritto a scegliere la propria morte".

 

 

Rita Levi Montalcini scienziata, premio Nobel “Pur dichiarandomi laica o meglio agnostica e libera pensatrice, mi ritengo tuttavia profondamente 'credente', se per religione si intende credere nel bene e nel comportamento etico: non perseguendo questi principi, la vita non merita di essere vissuta. Il fattore più importante dell'esistenza umana, diceva Einstein, è la creazione di un fine. L'uso delle capacità intellettuali, basate su principi morali, da' contenuto e significato alla vita”.

 

 

 

 

 

 

SONDAGGI E INCHIESTE

 

 

 

Sondaggio Eurispes: italiani favorevoli all'eutanasia e al testamento biologico

Da un sondaggio dell'aprile 2006, pubblicato anche su Torino medica, l'organo ufficiale dell'Ordine provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Torino, e avente come target infermieri (in maggioranza tra i 30 e i 40 anni, impiegati in reparti di terapia intensiva, lungo-degenza e chirurgia), è emerso che:

I risultati del sondaggio torinese confermano quelli emersi da un'indagine del Centro di Bioetica dell'Università cattolica di Milano, e di altri sondaggi:

Al riguardo, bisogna dire che vi sono differenze di posizione anche in seno ai favorevoli all'eutanasia: vi è infatti chi ne propone la legalizzazione, altri che invece parlano di depenalizzazione. Cinzia Caporale, del Comitato Nazionale di Bioetica e fautrice della depenalizzazione, commentando i risultati dei sondaggi, lamentò il fatto che i medici considerino più importante la legalizzazione - con conseguente regolamentazione - dell'eutanasia piuttosto che la sua depenalizzazione, a motivo del fatto che la legalizzazione darebbe loro una protezione legale, lasciandoli invece esposti in caso di semplice depenalizzazione, laddove essi avrebbero potere discrezionale. In definitiva, secondo Cinzia Caporale, la legalizzazione sarebbe più un paravento per i medici che un aiuto per i malati. Questa riflessione sul caso specifico si spiega meglio chiarendo la posizione più ampia della Caporale in merito alla dicotomia diritto-morale. Da un sondaggio promosso dal quotidiano la Repubblica e condotto dalla rivista MicroMega emerse che 64% degli intervistati si dichiarò favorevole all'interruzione delle cure mediche per Piergiorgio Welby, come da lui richiesto, contro il 20% contrari. Anche il 50% dei cattolici praticanti risultò favorevole all'eutanasia in netta controtendenza rispetto a quanto ordinato dai massimi esponenti della loro religione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FILM RIGUARDANTI L’EUTANASIA

 

MILLION DOLLAR BABY

(USA 2004, di Clint Eastwood).

 

Frankie Dunn è un allenatore di boxe indurito dal tempo, proprietario di una non altolocata palestra dove passa il tempo a polemizzare con l'amico e aiutante Scrap. Rimpiange i rapporti interrotti anni prima con la figlia, e l'occasione di redenzione arriva quando Maggie Fitzgerald si presenta in palestra chiedendogli di allenarla. Lei ha più di trent'anni ma ha una voglia incredibile di boxare per rifarsi di una vita che non le ha regalato nulla, lui rifiuta categoricamente, ma poi cede di fronte alla sua determinazione. Maggie comincia a sostenere e vincere un incontro dopo l'altro.Nel match che vale il titolo, la scorretta avversaria la colpisce a round finito, lei finisce sulla sedia nell'angolo e si procura una lesione alla spina dorsale. Rimane paralizzata, con Frankie ad accudirla, finchè chiede al suo allenatore un ultimo cruciale favore: toglierle la vita per non farla più soffrire. Frankie, dapprima riluttante, si decide a farlo e poi scompare, non rimettendo più piede nella sua palestra.

 

Le invasioni barbariche (Les invasions barbares, Canada 2003, di Denys Arcand).
Tocca il tema dell'eutanasia per affermare la perdita di punti di riferimento, anche morali, dopo l'11 settembre.

Mare dentro (Mar adentro, Spagna 2004, di Alejandro Amenábar). Affronta il tema dell'eutanasia prendendo spunto da una storia vera.

I figli degli uomini  (Children of Men, Gran Bretagna-USA 2006, di Alfonso Cuarón). In un futuro in cui la società è al collasso, lo stato fornisce gratuitamente Quietus, il kit per l'eutanasia fai da te.

 

 

 

 

CONCLUSIONE

 

 

Scegliamo di concludere con queste parole:

 

Vivere la malattia come un'opportunità, fare della sofferenza una fortissima esperienza, tutto ciò mi permette di affrontare la vita in un modo diverso. Prima di essere malato non avevo contatto con me stesso. Credevo di non avere bisogno di nulla ma invece ero insoddisfatto perché pur avendo tutto ero sempre alla ricerca di qualcosa che non possedevo. Ora invece conosco i miei limiti. Non sento di dover dimostrare niente a nessuno ma posso accettare la mia dipendenza dagli altri. Mi sono riconciliato con me stesso. Ne ho ben tre di fortune: come medico, come malato e come uomo.

 

 

 

Queste parole sono di Mario Melazzini, medico affetto da sclerosi laterale amiotrofica, nonché presidente dell’AISLA. Ci sono reazioni diverse nei confronti della malattia: rifiuto totale, ma anche accettazione. In questo caso la malattia diventa un momento di crescita interiore e spirituale, che fa apparire la vita di un malato secondo un’altra prospettiva. E’ del tutto impressionante l’immensa voglia di vivere di una persona consapevole della degenerazione della sua malattia, consapevole del fatto che le sofferenze diventeranno sempre più dure. E’ impressionante come si può trovare un motivo di arricchimento interiore in una situazione così negativa. Pertanto l’unico diritto, per cui vale davvero la pena battersi, è quello alla vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

      

 

 

¨      Umberto Veronesi, Il diritto di morire. La libertà del laico di fronte alla sofferenza, Milano, Mondadori 2005

¨      Lino Ciccone, Eutanasia. Problema cattolico o problema di tutti?, Roma, Città Nuova Editrice 1991

¨      Giovanna Pasqualin Traversa (2005). Cure palliative: accompagnare la vita verso il tramonto. Voce di Padre Pio, XXXVI: 1, pp 62-65.

¨      Gian Domenico Borasio (2009). Quel rispetto del medico per il paziente. la Repubblica, XXXIV: 37

¨      Zita Dazzi (2009). E Tettamanzi chiede il silenzio “Su di lei accanimento mediatico”. la Repubblica, XXXIV: 37

¨      Giovanni Paolo II. Evangelium Vitae (Il Vangelo della Vita). Lettera enciclica. 25 Marzo 1995. XVII anno di pontificato

¨      Associazione ANTEA. “Cure palliative”. http://www.anteahospice.org/public/default.asp?id=6&mnu=6

¨      http://www.portaledibioetica.it/temi.html

¨      http://www.settemuse.it/costume/costume_eutanasia.htm  

 

 

 

 

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